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giovedì 25 agosto 2016

Nomade sì... ma con appoggio!


Una nomade con appoggio”, dove l’appoggio sarebbe la mia residenza in provincia di Bergamo. Ho sorriso quando, qualche giorno fa, il mio fratellino 17enne mi ha definita così. “Mia sorella è una specie di nomade, ma con appoggio”. Ha detto proprio così. E me lo immagino mentre pronuncia questa frase, con quel fare canzonatorio e quel suo sorriso sornione. E allora la mia mente corre a metà agosto quando, in Val Tesino, scattavo con il cellulare e giusto in tempo prima di vederlo definitivamente in modalità OFF, la foto dei miei piedi accavallati all'entrata della tenda. Piedi che ridono, affaticati dal continuo su e giù per sentieri che non conosco. Senza meta ma con la voglia di andare. Piedi che entrano in fibrillazione e dicono "questa sì che è vita". Piedi nomadi, che si sentono a casa solo lontani da casa. A 300 chilometri dall'ufficio e dalla quotidianità e che sognano di averne altrettanti, di chilometri, da macinare sotto le suole. Piedi che possono svegliarsi la mattina e decidere di volgere a destra, a sinistra oppure di rimanere fermi. Piedi che stanno sempre due passi oltre la testa, perché tanto a guidarli è il cuore. Se potessi scegliere cosa fare nella vita, se fosse un mestiere, sceglierei di fare la vagabonda. Perché solo una “vagabonda per scelta” può permettersi il lusso di ascoltare cuore e piedi, e basta. Perché addormentarsi accanto ad un ruscello, cullata dal bisbiglìo dell’acqua, essere svegliata in piena notte dalle gocce di pioggia che punteggiano la tenda, aprire le palpebre con il taglio di sole che penetra la fenditura del proprio giaciglio, non ha prezzo. In un mondo dove tutto ha un valore quantificabile in denaro, questo è quello che non ha prezzo e che mi ricorda quando sia bello vivere. E anche se per un periodo di tempo limitato, che coincide con “l’evasione estiva”, è quella cosa a cui non potrò mai rinunciare. E così ogni anno è la stessa storia: zaino, tenda, piedi, cuore e via. La direzione è una, la meta invece non esiste: si definisce di giorno in giorno, ora dopo ora, a seconda di quello che  cuore decide di fare. I piedi e la testa, di conseguenza, seguono.

Tatiana Tia Bertera Manzoni


martedì 17 maggio 2016

#weareMelloblocco: ma che bello che è!


Niente, come il Melloblocco, è capace di farmi tornare la voglia di mettere le mani sulla roccia e di stare con quella pazza, bellissima, spettacolare compagnia che sono gli scalatori. Boulderisti, falesisti, alpinisti... al Mello siamo tutti uguali. E sarò una "buonista", una di quelle che vede la vita tutta "rose e fiori" (sotto con le critiche, che anche quelle fan bene, meglio dei complimenti talvolta!), ma lasciatemelo urlare a squarciagola: IL MELLO2016 è stato uno SPETTACOLO! E ve lo dico io, che ho lavorato, che non ho neppure indossato le scarpette, che i melloblocchisti li ho visti da "fuori". Ho aspettato un paio di settimane a scrivere sul blog, perchè volevo lasciar sedimentare il tutto e vedere, a distanza di una quindicina di giorni, che cosa sarebbe rimasto del ricordo di questo evento. L'ho fatto e ora sono pronta a dire la mia. Ho anche assistito alle "povere" quattro polemiche che hanno fatto seguito ai giorni della manifestazione. Posso capire tutto e in genere sono una persona comprensiva, ma devo dire che certe osservazioni (quelle sui parcheggi, così come quelle dei fermi e degli arresti) mi hanno disegnato il sorriso in volto. Alcune polemiche hanno sfiorato il ridicolo, oltre ad essere totalmente gratuite, controproducenti (nei confronti dell'economia della Valle) e volte a far notizia (sì, parlo di quei quattro "giornalistucoli" della cronaca locale, che pur di far notizia si venderebbero la propria madre.... Critica palesemente riferita alla categoria di cui faccio parte, senza fare di tutta l'erba un fascio, ovviamente). 



Cosa ho visto io? Personalmente (sono arrivata mercoledì sera e ripartita domenica, al termine delle premiazioni) ho visto un'organizzazione abbastanza matura e in grado di far fronte alle piccole grandi problematiche che un evento del genere presenta (pronta a prendere atto di quello che non ha funzionato e di farne tesoro per l'anno prossimo). Ho visto anche un numero leggermente minore di espositori e questo mi spiace assai, ho visto tanti giovanissimi/giovani e meno giovani mettersi alla prova sui sassi. Ho visto ragazzi e persone educate (e lo voglio sottolineare, andando contro a chi dice che le persone che arrivano in Val di Mello in occasione del Melloblocco rovinano/deturpano la valle). Ne sono passati tanti, si dice addirittura 8.000. Voglio dire, 8.000 persone che hanno passeggiato, bevuto, mangiato, pisciato, ecc ecc... Guardate un po' come trovate lo spazio pubblico dopo, ad esempio, un concerto al quale hanno partecipato 8.000 persone (!!!). Avreste dovuto fare un giro in Valle, invece, domenica sera... e POI pronunciare sentenze. Ho visto ragazzi che dopo aver mangiato le patatine, sotto ad un sasso, rimettevano il "sacchetto vuoto" nello zaino e se lo riportavano a valle... Mentre invece ho visto ( e continuo a vedere) allegre famiglie di trekker che, durante la passeggiata domenicale, lasciamo la carta della caramella per terra, sul sentiero).



Tornando a noi, ho visto gente serena e con tanta voglia di scalare, di fare festa la sera, di divertirsi. Ho visto giovani molto più "sani" di quelli che mi capita di vedere quando entro in un a discoteca di sabato sera. Ho visto chi magari ha bevuto una birra di troppo ed è stato messo a letto dagli amici... e l'ho anche rivisto la mattina seguente, al bar, di buon'ora a farsi un caffè e lamentarsi di quanto era stato cretino... 
Ho visto gente che ha partecipato alle serate culturali, guardato i filmati, assistito alle presentazione dei libri. Ho visto quelli che si alzavano alle 7,30 di mattino per fare Yoga pre arrampicata. Ho visto tutto questo. Tra una foto, una pubblicazione su Facebook e una su Instagram, una condivisione su Twitter e un album su Flikr, ho visto questo.

E alcuni articoli dai toni polemici, i giorni successivi all'evento, mi hanno sinceramente disgustata. Non fatta arrabbiare, ma sorridere. Era evidente che chi ha scritto, chi ha pubblicato, lui, questo Melloblocco, non l'ha proprio vissuto!



sabato 19 dicembre 2015

Novembre 2015 - Pizzo della Presolana Occ. (2521m) #running

Dislivello: 1200D+
Sviluppo: 12K circa
Percorso: Sentiero + ultima parte su facili roccette (II/II+)


E' successo in una bella giornata di novembre. Un novembre che sembrava un dicembre, quando i dicembri (come quest'anno) sembrano primavere e non inverni. Beh, insomma, un vero casino! Per dire che per essere novembre faceva decisamente caldo!

E' stato uno dei miei primi tentativi di running. Il Valtellina Wine Trail mi aveva esaltata un sacco. Sai, quelle cose che le fai e ti gasi per davvero, anche solo per averle fatte. Insomma... gasata com'ero mi sono chiesta quale montagna avessi davvero nel cuore e la risposta è venuta spontanea: nel cuore ho le mie Orobie. Un posticino poi l'ho ritagliato per la Regina-Presolana. Salita in ogni stagione, col caldo e col freddo, da sola o in compagnia, di giorno e di notte. Sulla Presolana sono stata da innamorata felice, da amica fidata e anche da innamorata delusa. La Regina ha assistito silente ai miei sorrisi, alle mie lacrime, a baci rubati e anche a qualcosa di più. E' stata complice della mia prima via lunga. Mi ha vista salire in una fredda notte di San Valentino, tavola in spalla e tre amici single e decisi a ridere alle spalle degli innamorati sbaciucchiosi (e finiti col Finazzi e me dispersi nelle buche di neve). Poi, sempre in pieno inverno, tra le creste sopra il Visolo... e anche quella volta lì finiti a dover scendere verso la Porta, per poi risalire. E poi mi ha vista partire alle 5 dalla macchina, per andare a vedere l'alba. Insomma, Presolana in ogni salsa. Ma mai di corsa, perchè correre per me non aveva alcun senso, almeno fino a qualche mese fa.

Fatto sta che, complice il mitico Mirko, mi sono regalata un mezzo pomeriggio di fatica. Mirko, che dice e si lamenta sempre di non essere in forma, è una guida alpina, e pertanto il suo "non sono in forma" va sempre preso con le pinze. Ha un cuore grande, Mirko. Questo gli va assolutamente riconosciuto.



Fatto sta che in poco meno di tre ore siamo arrivati in vetta e scesi nuovamente alla macchina. La salita, classico, non sono riuscita a correrla... Mentre in discesa abbiamo corso, entrambi, anche perchè avendo assistito al ramonto in vetta e non avendo le frontali, sapevamo già che avremmo dovuto farci il bosco al buio, illuminandolo con la luce del cellulare (si benedica chi ha inventato gli smartphone!!!!).


Consigliata?!? Certo. La Presolana è sempre la Presolana. Una montagna che anche se non l'hai nel cuore, una volta fatta, ti ci entra a forza. Bellissimo il pezzo di roccette finali che, soprattutto se fatto in inverno e con la neve, ha sempre il suo perchè.

Grazie Mirko!



venerdì 4 dicembre 2015

Ciao biondo!!! Il mio ricordo di Armin Holzer

Gazzetta Gold mi commissiona un articolo. Vuole che io parli di slackline. Succede un po' più di un anno fa. Contatto un po' di ragazzi che conosco e poi... poi penso che sarebbe bello intervistare anche un top highliner di questa disciplina. Un nome, oggi leggenda. Lui è Armin. MI chiedo come contattarlo. Uno così si filerà mai la mia intervista? Manco mi conosce!!! Gli scrivo su Facebook, senza nutrire grandi speranze. Sorpresa: Holzer mi risponde prontamente. E' entusiasta. Mi lascia l'indirizzo mail e mi dice di mandargli le domande, e poi di andarlo a trovare. Io quasi non ci credo. Io scrivo, lui risponde. Poi gli prometto che sicuramente andrò a conoscerlo! Ecco... ora non lo posso più fare. Ma quanto sono stata cretina! Ogni occasione è persa. La vita è breve e va vissuta fino in fondo. Mi sembra bello usare il blog per pubblicare la sua intervista, chiedergli scusa e salutarlo. Ciao Armin, e grazie. 



Highline Meeting Monte Piana. Si svolge invece a Misurina, nel cuore delle Dolomiti di Sesto, il raduno più famoso d’Italia. Lo scorso anno l’evento ha registrato più di 200 partecipanti provenienti da 20 Nazioni. Durante i nove giorni di meeting sono state montate spettacolari highline tra le guglie dolomitiche, sono stati organizzati workshop di acroyoga, voli i n parapendio e concerti, ed è infine stato realizzato, grazie alla collaborazione con un’azienda che produce amache in materiale tecnico, il record del “maggior numero di amache” appese ad una slack. Si è arrivati a 22 amache, per un numero totale di 25 persone in contemporanea su una slack.
Il prossimo raduno, alla sua quarta edizione, è programmato tra il 10 e il 15 settembre.

L’intervista


Abbiamo interpellato Armin  Holzer e Alessandro D’Emilia, menti del meeting altoatesino e maestri di sci, che ci hanno raccontato come nasce questa disciplina, i vantaggi che derivano dalla sua pratica e l’idea di realizzare un meeting di highline. Entrambi praticano l’highline, ovvero la forma più estrema della slackline. 
L’highline prevede anche una buona esperienza per quanto riguarda la valutazione dei punti di ancoraggio, la scelta dei materiali e la fase di tensionamento.
Quando e come nasce questa disciplina?
“Lo slacklining nasce nella Yosemite Valley (California) nei primi anni 80, dove si sviluppa specialmente nell'ambiente dell’ arrampicata. Nel 1985 Scott Balcom fu il primo a camminare su un’highline sul Lost Arrow Spire (Yosemite Valley). Questa forma di “giocare con la slack” é poi stata portata dagli scalatori in Europa. Nonostante sia uno sport estremo questa disciplina é sicura, basti pensare che negli ultimi 30 anni è morta una sola persona, a causa di una serie di errori tecnici nel montaggio della highline. Negli ultimi tempi si pratica anche nei parchi cittadini, ed è considerata al contempo un gioco, uno sport e una forma di allenamento per atleti di varie discipline: camminare lungo una fettuccia di queste minute dimensioni sviluppa le doti più primitive dell' equilibrio, aumentando la percezione e il rapporto tra corpo,mente e natura”.


Come vi siete conosciuti?
Entrambi maestri di sci, ci siamo conosciuti ad una gara di freeride, cinque anni fa. In estate ci siamo rivisti al Rifugio Lavaredo (Armin tornava dal montaggio di una highline nei pressi del Monte Paterno e Alessandro dalla salita allo Spigolo Giallo sulla Cima Piccola di Lavaredo insieme ad un amico). Dopo una tranquilla chiacchierata ci siamo accordati per fare un po’ di slackline insieme. Passo dopo passo abbiamo imparato ad avere sempre più confidenza con la slack. Dalla passione comune per questa disciplina è nata anche la nostra grande amicizia. Da allora, insieme, abbiamo attrezzato e percorso più di 70 highline, compiendo traversate da record mai effettuate prima come sulle Tre Cime di Lavaredo, sulla Marmolada, alle torri del Vajolet e in Cina, dove abbiamo stabilito il nostro record personale di camminata a 5000m di quota.
Come nasce il raduno a Monte Piana, sopra Misurina?
Nasce semplicemente dalla nostra amicizia e dalla voglia di trasmettere anche agli altri la nostra stessa passione: per questo sport, ma soprattutto per la montagna. Il Monte Piana, oltre che ad essere un luogo ideale per fare highline, è anche una specie di museo all’aperto, in quanto è stato uno dei più sanguinosi teatri della prima guerra mondiale. Per noi, consapevoli della valenza storica e culturale del posto, rappresenta un luogo di unione e di confronto.
Importantissimo per la realizzazione del meeting è il supporto dell'associazione sportiva "Le Lepri di Misurina"e del comune di Auronzo di Cadore.
Chi sono “Le lepri di Misurina”?
Le Lepri sono, anzi siamo: Alessandro d’Emilia, Niccolò Zarattini, Aldo Valmassoi, Nicolò Cadorin, me e tanti altri. Siamo un gruppo di ragazzi che condividono la passione per la slackline, lo sci e l’arrampicata. Viviamo queste discipline in maniera non competitiva, in un ambiente mozzafiato come le Dolomiti.


Tralasciando quindi la competizione, cosa è per voi l’highline?
Non sport estremo, non una cosa da fare da soli,  ma una forma creativa di socialità. La slackline non è una semplice fettuccia: a noi piace considerarla un ponte tra culture. Nel meeting infatti centinaia di atleti da tutto il mondo condividono la loro passione, naturalmente, ma anche momenti di vita insieme, esperienze, emozioni.
Per noi fare highline è cercare armonia nel movimento, fra mente, corpo e natura, fra essere e non-essere, è continuare a camminare trasformando la paura di cadere in rispetto e positività. La sensazione che provi quando cammini sull’highline, anche se sei da solo, è quella di condividere l’esperienza con tutti gli amici che ti guardano e ti incoraggiano. E’ un ponte tra culture e mentalità diverse: aiuta a incontrare persone nuove e a costruire amicizie. Spesso è proprio la paura del non-essere, ovvero di cadere, ad impedire di trovare l’armonia giusta per poter camminare in tranquillità. Non è da considerarsi una sfida contro se stessi ma con se stessi, un percorso soggettivo allo scopo di conoscersi nel profondo.


Tatiana Bertera

martedì 24 novembre 2015

22/11/2015 Pico Trail 2015 (Valle Imagna)

Lunghezza: 18k circa
Dislivello: 1400D+ circa


E niente. Per me la stagione inizia...a fine stagione. Quando le gare stanno per finire! Strana io, vero? Strana tanto direi. E se non avessi trovato quel bel gruppo di matti della Carvico Skyrunning probabilmente non avrei mai partecipato. Che poi partecipato è una parola grossa, dal momento che non avendo una visita medica per attività sportiva agonistica ho corso come "fuori gara". Niente pettorale, niente chip per misurare gli intermedi e il passaggio al traguardo, ma questo non mi ha tolto la voglia di godermi fino in fondo quelle 2 ore e 53 minuti di sali-scendi per i boschi che fanno da cornice al comune di Strozza. Il fatto è che dopo il Valtellina Wine Trail mi è venuta un'improvvisa voglia di mettermi alla prova e di vedere fino a che punto le mie gambette (che poi tanto "ette" non sono!!!) potessero arrivare. In settimana, tra un giro al Rifugio Longo e un'altro al Passo del Branchino, mi è balenata per la testa una pazza idea, che però per il momento rimane ancora top secret. Fatto sta che, galvanizzata dalla follia che nella mia testa galoppa veloce, ho contattato Ale Chiappa, presidente della squadra di "runner a fil di cielo" di Carvico.
"Voglio venire a correre con voi una sera in settimana". "Benissimo, noi ci troviamo il giovedì. Se ti va domenica c'è una gara". "Va bene, ci sono, ma non ho il certificato per iscrivermi". "Al massimo non ti iscrivi e la fai lo stesso". "Affare fatto".
E' andata così. Dopo aver dato la mia conferma sono corsa su internet per verificare di che morte dovessi o potessi morire. Trovo quindi questa Pico Trail: 18k circa, 1400D+, ultima tappa del circuito Lombardia Skyrunning by Valetudo.  Scopro che è la finale del challenge, che si compone di 5 appuntamenti per un totale di 116k e 8230D+. Ne deduco che troverò gente che corre, mica scherza. Mi accorgerò durante la gara che, per me che mi sto avvicinando a questo affascinante sport, il livello è alto. Quindi pronti, partenza, via. Alle 7,15 di domenica mattina mi ritrovo al punto di incontro, in mezzo a una marea (anzi una montagna mi pare più a tema!) di gente che non conosco ma che si presenta simpaticamente, senza lasciarsi scappare l'occasione di accogliermi con la zeligghiana battuta "Chi è Tatianaaaa!?!?...".
Si parte. A Strozza il clima è abbastanza polare ma a riscaldare l'atmosfera ci sono le risate dei 250 runner che, oggi, si sentono un po' come se fosse l'ultimo giorno di scuola e vogliono fare festa. I miei nuovi "soci" non mancano di farmi sentire a casa e, proprio per farmi sentire dei loro, mi fanno indossare una maglietta, che mi fa un po' da camicia da notte, ma d'altra parte sono io che sono un bonsai e pertanto non posso certo fargliene una colpa!!!




Foto di gruppo, qualche giro di corsa nel campo sportivo e, dopo il doveroso minuto di silenzio in memoria della strage di Parigi, si parte. Il percorso, lo si capisce da subito, è abbastanza impegnativo: dopo aver corso i primi quattro chilometri circa si arriva alla salita al monte Ubione. In 700 metri di sviluppo si sale di 230m, per arrivare ad una prima cresta con alcuni passaggi su roccette e ad una mini vertical di quasi 200 metri che porta alla croce di vetta. I cartelli mi dicono che non siamo neanche a metà, ma la salita è una cosa che mi viene abbastanza bene e non mi spaventa. Quando si inizia a scendere, su gradini di roccia e su sterrato, mi accorgo di essere, rispetto agli altri che mi passano in volata, una vera lumaca. I miei piedini saltellano da un sasso all'altro e, sebbene a me sembrino veloci, non lo sono per niente. Comincio a desiderare di nuovo la salita, che non tarda ad arrivare. Tra salite e discese, arrivo a 12k, poi a 13 e a questo punto penso che sia finita. invece no! Una mulattiera preannuncia una nuova salita in un bosco che... "ma da dove diavolo spunta questo bosco???". Si sente la voce dello speaker che annuncia i primi arrivi... La voce si allontana sempre di più, o meglio sono io che mi allontano, inerpicandomi per il bosco. Incontro un paio di runner e nel sorpassarli scambio due parole. "Ma ci sarà prima o poi la discesa? Siamo già a 16 chilometri e stiamo salendo nel nulla!". Uno mi guarda sconsolato e, con la goccia di sudore che gli avvelena l'occhio, mi risponde "Guarda, non ne ho idea".
E si va. Le gambe spingono ancora e questa volta niente crampi. Passo un ponticello, salgo e poi scendo di nuovo e finalmente becco il cartello "Ultimo chilometro". Figo, sono arrivata. Le gambe rinascono sotto l'influsso dell'euforia, mi guardo attorno e vedo che non c'è nessuno, lancio un urlo e cerco di spingere il più possibile. E finalmente eccolo lì, il gonfiabile del traguardo, accompagnato da un profumo di casoncelli che, in questo momento, non ha eguali. comincio a sognare di tuffarmi in una vasca di casoncelli e, con questa immagine ancora negli occhi e nella testa, taglio il traguardo!
E' stato bello, bellissimo. Aria fresca, il mio respiro, i miei piedi, e un'altra esperienza da raccontare.
Grazie agli amici della Carvico, che mi hanno permesso di vivere questa bella esperienza e che, matti un po' come lo sono io, continuerò sicuramente a frequentare. La prossima volta però, lo prometto, avrò il certificato medico.


lunedì 16 novembre 2015

16/11/2015 Laghetti dell'Albergian (To) - Il punto di vista di un cane (con Michele Evangelisti - Ultratrailer)

località partenza: Laux (Usseaux , TO )
quota partenza (m): 1350
quota vetta (m): 2710
dislivello complessivo (m): 1360




Ciao. Mi chiamo Nepal. No, Nepal è riduttivo. Io sono NepalOne. Non Nepalone (tipo comparativo di maggioranza di Nepal) come spesso la gente tende a chiamarmi. Il mio padrone, che si chiama Michele, mi ha chiamato Nepal-One (come "uno" in inglese, come Air Force One... probabilmente perchè crede che io sia, come cane, il numero Uno!). Ed effettivamente, lo devo dire, io il numero uno lo sono per davvero! Il mio padrone mi dice sempre che, quando mi ha scelto al canile, ero lì che giocavo e "ridevo" con gli altri cani. E allora io mi chiedo come possa una cane ridere... Beh, io sono talmente speciale, pare, che ridevo. E poi sono super-bravo perchè, nonostante la taglia "importante", so essere sia un cane da casa che da outdoor. Infine, non per vantarmi, ma sono anche una specie di Vip, o meglio Vid (Very importat dog): ho persino un hashtag su Instagram (#nepalOne).


Il mio padrone corre. Non ho ancora ben capito se per lui sia un lavoro oppure un divertimento. Fatto sta che corre un sacco e io, probabilmente perchè gli voglio bene, probabilmente perchè Lui è la mia famiglia ed io sono la sua, mi sono adattato a questo stile di vita. E mi diverto un sacco. Ma questo fine settimana mi ha proprio "battezzato" (dovevo immaginarlo... con uno che di cognome fa Evangelisti, che cosa potevo pretendere?). A dargli man forte è pure arrivata un'altra folle. Un mezzo incrocio tra Heidi e Pippi Calzelunghe che, appena ha sentito che saremmo andati in montagna ha detto "Bello, portiamo anche Nepal!".

E niente. Mi caricano in macchina e, da Torino, arriviamo al borgo di Laux. Dalla piazzetta, proprio accanto ad un curioso murales, prende il via una strada sterrata (S/314) che sale verso il Vallone. Il sentiero risale un bosco di larici che, vista la stagione, sono tinti dei colori dell'autunno. Incontriamo un sacco di curiose sculture e fontane, nelle quali "puccio" sia il muso che le zampe, ci fermiamo a mangiare un boccone e discutiamo (anzi, gli umani discutono) circa la differenza tra bovidi e cervidi. La rossa non sa come sia fatto un muflone e io, sotto i baffi, me la rido. Come si fa a non sapere come è fatto un muflone?!


Tutto procede alla grande fino a che, dopo aver imboccato il sentiero 313, non arriviamo ad una vecchia caserma abbandonata. Bella. Il paesaggio qua si apre. Dopo aver esplorato un po' la vecchia caserma scopriamo, appena sotto di noi, il primo dei due laghi. 


E qua inizia il bello, almeno per me. Nel vederlo ghiacciato i due (il mio padrone e la Pippi) sono presi da un'indescrivibile euforia. E la "peggio cosa" è che contagiano anche me. Per farla breve, ci ritroviamo in tre a pattinare e a farci "selfie" sulla superficie gelata. Io, con le unghiette dritte tipo ramponi, un po' scivolo e un po' pattino.






Non contenti, dopo essersi congelati sul ghiaccio, i due guardano verso l'alto. Sopra di noi, un bel pendio pieno di neve. Sopra ancora, a naso, c'è il secondo lago. Io sono quasi pronto a tornare verso la macchina quando il mio padrone dice "Ma secondo te ce la facciamo ad arrivare anche al lago sopra o ci ammazziamo?". E l'altra (con fare da grande alpinista), "Ma certo che sì!".
E niente. ricominciamo a salire in mezza costa, tra neve e roccette sempre più ripide. Io li seguo, anche se a tratti mi fermo dubbioso. Saliamo e saliamo ancora una buona mezz'ora, fino a che non vediamo il secondo lago. 
Spettacolo.... anche se è meglio tornare subito, prima che arrivi il buio. Il bello però arriva ora. Loro scendono lungo la traccia di salita, con le mani nella neve. Io li guardo. Su un traverso un po' esposto "mi prendo male" e... decido si non scendere più! Hanno così da urlare "Dai Nepal, bravo, bello, vieni qua!"... Bello un cavolo! Adesso, come minimo, tornano su, mi mettono il collare e mi portano giù in sicurezza. Va proprio così e, un passo alla volta, siamo fuori dalla zona neve. Sì, ma insomma, quel traverso... una paura: mica ho i ramponi io!
Però, il mio padrone continua a dirmelo, sono stato bravissimo oggi.
Siamo già a metà pomeriggio e allora decidiamo tornare fino alla macchina correndo. 
Insomma, il pericolo è scampato, ma arrivo alla macchina schiantato e barcollante. Sono stanchissimo. Giuro che se tocco il divano, questa sera, neanche mangio e mi metto subito a ronfare.


Ecco, ultima foto della giornata (non ne posso più di foto), e poi tutti a casa.
Ecco, ma dico io, va bene outdoor ma così mi pare troppo.... però sono stato un eroe. Eh sì, ha proprio ragione il mio padrone a chiamarmi #NepalOne !!! Lo aveva capito lui che già da piccolo, quando ero lì nel canile a "ridere" con gli altri cani, ero il migliore....

lunedì 2 novembre 2015

01/11/2015 Laghi Gemelli: buona la prima... o l'ultima!




Lago Marcio
Prima salita di stagione ai Laghi Gemelli. Anche se la stagione volge ormai al termine. Anche se ieri, effettivamente, coincideva con la festa di chiusura del rifugio. Anche, anche, anche. Tutte scuse. E poi cosa sarà mai "la stagione"? Non c'è stagione che tenga se hai voglia di andare, di fare, di vedere. La mia stagione si è aperta ieri, in realtà. Parlo di "stagione mentale", quella che sta nella mia testa. La stagione ricomincia quando ti torna la voglia, o forse il bisogno, di andare. Io di voglia di andare, in fondo, ne ho sempre... Solo che il più delle volte, semplicemente, non so dove andare. Penso e progetto viaggioni, per i quali poi mi rendo conto di non avere quel tot di sghei necessari per partire. Oppure il tempo, manca il tempo. Allora comincio a figurarmi nella mente mete più vicine e abbordabili, perchè i soliti posti stancano. E infine capita che ti ritrovi, senza averlo programmato, in una giornata a dir poco spaziale, praticamente a due passi da casa e a riflettere (ancora una volta!) su quanto poco conosca le mie montagne. Quelle Orobie che dico di conoscere, no, non le conosco affatto! Altrimenti non sarei rimasta incantata ieri dinanzi alle tinte giallo-rosse di quell'Autunno che fino ad un mese fa definivo "stagione inutile e senza senso".
Carona, ore 9:25, temperatura - 5 gradi alla macchina. L'intento è quello di fare un po' di gamba, in vista del trail di sabato prossimo, e di recuperare quell'allenamento non fatto (ma che avrei dovuto fare per affrontare la competizione al meglio). Ma che volete che vi dica... Non so essere costante come vorrei, sul lato sportivo, e mi ritrovo a dare il tutto e per tutto all'ultimo momento. Volontà, dieci. Entusiasmo, mille. Costanza, ehm! Fascia calcata sulle orecchie, in pantaloncini corti e maglietta, Adidas ai piedi, gli altri (al parcheggio) mi guardano come una marziana. Che c'è che non va? Sarà mica perchè voi indossate, nell'ordine e dal basso verso l'alto, scarponcini da montagna, pantaloni lunghi, pile tecnico, giacca e uno o due altri strati sotto al pile forse?... E niente. A volte mi chiedo se sia io la strana, oppure se siano TUTTI gli altri ad esserlo. Parto. Il sentiero scorre veloce sotto ai miei piedi e io me li guardo bene tutti quei sassetti, che uno dopo l'altro accolgono il mio piede, lo sostengono, per poi rimanere alle mie spalle. Ascolto il respiro, che si fa più affannoso. Sbuffo, come una piccola locomotiva. Con le nuvolette bianche che si materializzano dinanzi alle mie labbra. Sbuffo e penso chi diavolo me l'abbia fatto fare. Avrei potuto essere in falesia ora, al sole. Oppure a passeggiare sul lago, mano nella mano con qualcuno, e invece sono qui, a fare fatica, pestare sassi e a "creare" nuvole di vapore acqueo. Salgo e salgo, cerco di correre un po' ma la salita mi spezza le gambe. Il suolo è ancora abbastanza gelato e ricoperto, a tratti, dal bianco della brina. Sono sudata, ora. La maglia mi si appiccica alla schiena, fredda. Che schifezza. Ma ormai sono in ballo. Io che ieri sera ero al compleanno di un amico. Io che ho mangiato gnocco fritto, pizza, tiramisù e quello stupido Beylis finale, del quale ho sentito il sapore sulla lingua fino a questa mattina! Cosa ci faccio qui?
Il bosco è quasi finito. Una coppia ferma, con la borraccia di the caldo in mano (dal profumo è tisana...), mi guarda passare. Ci salutiamo. Ci si saluta tutti in montagna, come se ci si volesse tutti bene, e in quel momento, anche se per poco, probabilmente è davvero così. Il bosco termina.


Ore 10:27, Lago Morto - temperatura boh. Ora capisco perchè sono qua. Perchè ho abbandonato le coperte calde. Ora, che il sole mi scalda la pelle, che mi entra dentro, che la montagna si riflette nelle acque gelide, ora capisco. Ne valeva la pena? Dio, se ne valeva la pena! Il sentiero si distende lungo la riva e procede in piano. Ora sì che posso correre. Respiro. Respiro a pieni polmoni, come se tra qualche secondo l'aria finisse e io dovessi farne scorta. Respiro e sono felice...


Ore 10:45, Rif. Laghi Gemelli - temperatura "fantastica". E sono qua. Seduta sui gradini che precedono l'ingresso, con una birra in mano (perchè i sali minerali vanno sempre reintegrati e se c'è una cosa che ho imparato da Orobie Ultra Trail è che, se hai corso, una birra non fa certo male). Sono qua che me li godo questi colori unici. Poco distante, "stravaccato al sole stile lucertola", il Vezz (per alcuni il Vezz, per altri il Nano), anche lui reduce dalla sera precedente, anche lui con la mia stessa idea. Il compleanno di Riki, lo gnocco fritto, il tiramisù e "chissà cos'altro" hanno provato un po' tutti. Ma noi, stamane, siamo i veri eroi...
Grazie anche a Klaus e Marion, perchè senza di loro non sarei mai stata qui :)

GRAZIE RAGAZZI!!!!!!
Ci sentiamo degli eroi, oggi...