martedì 15 luglio 2014

15/07 Il mio ultimo parto, genesi delle idee... partorisco sempre più spesso!

L'idea quando ancora non esiste... (vedi alla fine)

La nascita è, di fatto, un aborto mancato. Le idee vengono partorite (in maniera cruda: espulse, in maniera poetica: vengono alla luce). Ergo, ne consegue che ogni idea, ogni singola intuizione, ogni parola messa nero su bianco, poteva non esistere oppure essere diversa da come è. Noi stessi potevamo essere diversi, perché quello spermatozoo, proprio quello, poteva innanzitutto appartenere ad uno sconosciuto che non aveva gli occhi di nostro padre. Perché i geni avrebbero potuto combinarsi in maniera diversa. Insomma, nel calcolo delle probabilità  sarei potuta nascere alta, bionda, gnocca e con gli occhi azzurro cielo, avrei potuto avere la voce di una sirena, la grazia di una gazzella e nel contempo essere veloce come il più veloce dei ghepardi. Avrei potuto essere mille e mille cose. Sono Tatiana, e tanto mi basta.

Ma proprio quello spermatozoo ha deciso, proprio in quel momento, di corteggiare quella pallina insignificante e rosata che si chiama ovulo, e i geni di combinarsi in quel dato modo, e le basi azotate si sono messe a braccetto adenina con timina e guanina con citosina. Non hanno fatto casino. E sono nata io.

Per le idee è esattamente la stessa cosa. C'è il momento giusto. C'è l'attimo in cui ti rendi conto che ti devi mettere e scrivere. Perché in quel momento, solo in quello, potrebbero venire fuori le cose migliori. Uno stesso testo, in un altro momento, costituirebbe un aborto. Non verrebbe proprio alla luce. O non verrebbe come deve venire.

Il mio ultimo parto è avvenuto in Grignetta. Venerdì: l'azienda mi chiama a rapporto e mi spiega che ci sono tre oggetti da pubblicizzare e che non sanno ancora bene come fare. Di pensarci e di tornare lunedì con delle idee. Panico. Non ho l'idea. Devo avere l'idea. Insomma devo rimanere incinta al più presto! Chiamo l'amico più fidato, quello che non mi direbbe mai di no e gliela butto lì. "Zaino e sacco a pelo, partiamo tra un'oretta e passiamo la notta fuori, ti va? Altrimenti vado da sola. Qua bisogna staccare!". La risposta è pronta e mi piace "Figata! Ora preparo lo zaino...Ma la meta si può sapere?". "Sì certo, saliamo questa sera in Grignetta, si cena e si dorme su in cima nel bivacco di ferro, domani si scende (che bisogna lavorare)". Così è stato: Pian dei Resinelli, partenza, arrivo giusti giusti per mangiare il tonno e stappare il vino, temporale da paura, mattino.
Durante la discesa la mente era leggera, libera. Un sacco di ispirazione. Un sacco di idee. Un parto insomma! Quello era il momento giusto. Perché a me certe cose ispirano. La montagna mi ispira. Succede sempre, ogni volta, ormai lo so e ci posso fare affidamento, sulla montagna.

Tempo di mettere il piedino in casa e stavo scrivendo. Bello, a volte alcune cose servono proprio.



... L'idea che diventa reale (parto avvenuto con successo!)

martedì 8 luglio 2014

C'è chi vince una battaglia, ma io vinco la guerra...


Bolivia, Salar di Ujuni
Sono in viaggio. E quando sei in viaggio mica ti puoi fermare. Puoi sostare, decidere di passare un po’ di tempo a fare nulla, perdere un giorno per poi recuperarlo strada facendo, ma due cose non puoi assolutamente fare: una è fermarsi, l’altra è tornare indietro.
Da un po’ di tempo non ho più tempo. Ogni momento, ogni singolo attimo della mia vita sembra scadenziato con meticolosa precisione. Apro l’agendina, quella con le coccinelle rosse, acquistata apposta perché mi portasse fortuna, e su ogni pagina c’è qualcosa. Sono cose diverse: un incontro, un pezzo da scrivere, notizie da cercare, curriculum da mandare, persone da chiamare. E’ bello vederla, la mia agendina dico. Mi soddisfa pensare che un anno fa queste pagine erano tutte bianche e che ora non lo siano più. Ma la cosa più bella è che io ci credo. Forse sono l’unica a crederci, però ci credo. Da un po’ di tempo penso che se uno ce la mette tutta, ma tutta tutta, senza sperare in risultati immediati, prima o poi ce la farà. Che le belle cose arriveranno, bisogna solo volerle. Come dice mia mamma le cose per ottenerle bisogna volerle, ma volerle molto. E io le voglio, decisamente.
Da un po’ di tempo tutte le mattine mi sveglio con una stupida emicrania. Apro gli occhi, faccio una smorfia, dico “che male”, poi sorrido e penso “sarà l’aureola di SantaTà”… Ma poi mi alzo e vado a fare quel lavoro, l’unico sempre per citare le parole della mamma, che mi dà da mangiare. Finito quello, nel primo pomeriggio, inizio a rincorrere il lavoro che non mi sfama il corpo (perché per quello potrei davvero morire di fame) ma l’anima. E penso che quando arriverà il giorno, (perché arriverà!), in cui oltre all’anima sfamerà anche il mio corpo, beh quel giorno sarà IL grande giorno.
Poi un giorno ti svegli e scopri di avere un occhio tutto gonfio. Tanto da non voler uscire di casa. Il giorno prima si era gonfiato il labbro. La testa continua a fare male… e anche il collo, da domenica ha un po’ di torcicollo. Ci sono tre pezzi da scrivere, un appuntamento nel tardo pomeriggio, il solito lavoro e ‘sto occhio che ti fa venire voglia di sparire. E poi c’è chi immancabilmente ti ricorda che dal punto di vista della salute fai schifo e che da bambina eri sempre ammalata, che pertanto ora non puoi pretendere così tanto dal tuo fisico, che devi fermarti un attimo e farlo riposare. E pensi che non è possibile, che è sempre la stessa storia, appena te ne approfitti un po’, appena cerchi di tenere testa al tuo entusiasmo, il tuo fisico non ti sta dietro e (da buon rottame quale è) si procura piccoli mali di ogni tipo.
Va bene. Oggi ha vinto. Ma ha vinto una battaglia. Mica la guerra. Quella, la guerra, come sempre, la vinco IO.

sabato 5 luglio 2014

5/07/2014 Sempre ascoltare i piccoli segni del destino




 
Ore 6.30. La sveglia suona. #Macchegiornoè?#
Già, è sabato. Già,  sono stanca. Già già già. E il meteo dà bello su tutta l’Italia tranne che al nord (quindi come dice una patatonza che conosco, mica su tutta l’Italia!). Già. Ma quello è un raggio di sole che si insinua tra le persiane? Lo è? No… maledetto raggio . Chiudi gli occhi. Girati. È suonata solo perché non avevi tolto “l’orario lavoro”. Già. Ok… mi alzo solo perché la mia vescica me lo ordina e poi ricollasso a letto. Giàààà… Ma quello è uno squarcio di azzurro! Maledetto azzurro! OK HO DECISO, VAL SERIANA: BRUNONE! Pantaloni, maglia, felpa… anzi no, mutande, reggiseno, pantaloni, maglia.. Così sono nell’ordine giusto! Macchina… anzi prima da mangiare al coniglio.. macchina e sono sulla strada!

Benzina, imbocco la superstrada e… ta-daaan: Strada chiusa per (lavori???) e deviazione. ‘Sti qua in completino giallo fluò mi buttano sulla strada per la Val Brembana. Ma nooo… ora mi tocca tornare, prendere la strada normale e… Anzi no. Questo è il destino. Me lo sta urlando in faccia: oggi no Val Seriana, oggi sì Val Brembana. Qualche attimo di esitazione. E sono in macchina e rido da sola. Ma dove caxxo sto andando? Boohhh… E di colpo tutte le tensioni della settimana lasciano il posto alla mia sconfusionata allegria. Sola. Meta indefinita. In corsa verso il destino. Mi piace.
Guida e guida, vai e vai… Carona. Guardo i cartelli… dove vado? Calvi, Longo, Gemelli… quale? Allora faccio la prova. Accosto. Un signore con dei pantaloni decisamente sgualciti, appena uscito dal bar, mi guarda con aria interrogativa. “Scusi, devo parcheggiare per salire al rifugio. Dove mi consiglia di parcheggiare?” E lui “Ma dove vuoi andare? Ai Laghi Gemelli?”…. “Sì, proprio quello, la ringrazio tanto!”.
Alzo il finestrino e vado a parcheggiare alla diga…  poi mi viene in mente che gli avevo chiesto dovevo potevo posteggiare, al signore!!! Eppace..avrà pensato fossi matta!

Scendo dalla macchina e vado verso il sentiero. Un tizio sta rimirando la cartina delle montagne posta all’attacco del sentiero. Si gira. Lo guardo. Mi guarda. Lo riguardo e… scoppiamo a ridere. “Ciaooooo….allora ci si rivede?”. E’ lo stesso tizio che incontro ogni tanto quando vado in giro a camminare per i fatti miei. Lui con la macchina fotografica. Io idem. Ma ci becchiamo solo quando giriamo da soli. Non ci si conosce… se non in montagna. Salendo riprendiamo il discorso iniziato un annetto fa, quando feci il periplo della Presolana. Gli racconto che ho dato le dimissioni da scuola e che sto provando ad inseguire un sogno. Che ce la metto tutta. Che c’è quel tal progetto top secret e che potrebbe comportare un’altra cosa (non si parla mai dei progetti top secret quindi, o lettore, perdonami e sostituisci quello che ti pare al concetto di progetto top secret!!!). Lui mi dice “Ma dai? Ma davvero? No perché se la tal cosa dovesse accadere, sai, il marito di mia cugina è il direttore del giornale tal dei tali (faccio riferimento a una testata nazionale) e secondo me potrebbe interessare… anzi, visto che ti ho incontrata sempre in montagna e visto che mi sembri in gamba, se vuoi ti metto in contatto io, senza problemi. Lui è una persona squisita”. Sgrano gli occhi. Figo. “Benissimo. Sarebbe fantastico”. Poi aggiunge “Senti, per il tuo progetto top secret ok, ma senti, facciamo una cosa trova una cosa qualsiasi da scrivere, una scusa insomma perché io ti metta in contatto con lui… Magari non ne viene nulla, però, chissà…”.
Chissà. E’ quel chissà il lato della vita che mi entusiasma. E dire che io, oggi, in Val Brembana, non ci dovevo neppure venire. Già!
Ta’