sabato 27 aprile 2013

26/04/2013 Vietato vietare, Val Masino (SO)

Lungh: 145 mt
Diff: 6a max.

Al parcheggio del Remenno si dorme bene. Niente luci, nessun rumore. Peccato per quelle brutte scottature sulla schiena, che mi hanno costretta a dormire sul lato o a "pancia in giù"...
Mi sveglio, stropiccio gli occhi, mi stiracchio, butto un occhio al cielo che appare subito grigio. Beh, almeno non piove. Scendo dalla macchina e cerco il "sasso della pipì". Proprio mentre rendo onore la suo nome, sento una pioggerella leggera, quasi una spruzzata di vapore fresco, come le "doccette di Gardaland"...
Guardo sù e lo dico ad alta voce, "pioggia".
Con Raffo decidiamo allora di fare una via corta, a spit e con calate comode (in modo da poter ripiegare su una ritirata strategica super veloce), praticamente attaccata alla strada.
Dopo la colazione al Kundaluna (da provare assolutamente le brioches al cioccolato, dentro c'è una crema simile alla nutella!!!) saliamo verso i Bagni di Masino e ci fermiamo sulla struttura chiamata "El Schenun".
La via più ripetuta di questa parete è senza dubbio la Coda di dinosauro, solcata, però, da una bella colata di acqua. La pioggerella si fa intanto più fitta, ma leggerissima, tanto da non fare in tempo a bagnare i vestiti.
Attacchiamo allora l'adiacente "Vietato vietare", a destra della Coda. Un'infilata di spit da seguire a goccia (una goccia anticonformista però, che va dal basso verso l'alto!), con tratti di placca lavorata, qualche vena di quarzo e qualche fessura.
Man mano che saliamo la pioggia si fa sempre più intensa, ma facciamo in tempo a fare comunque le doppie, relativamente asciutti. Riscendiamo a San Martino a farci un caffè al Kundaluna, sono le 11 e ora piove per davvero. Ci accoglie Ketty con un "Ben svegliati"... E noi: "Eh? Ma guarda che noi abbiamo già fatto la via"... Ketty: "Nooo, ma voi che droghe prendete? Guardate che crea dipendenza".
Sì, effettivamente non è stata una gran via, ed effettivamente non era una gran giornata... ma vuoi mettere che soddisfazione indossare il foularino frikkettone?!? :)
Kiss kiss
Ta'




venerdì 26 aprile 2013

25/04/2013 I punti di Berti, Monte Piezza, Val Preda rossa (SO)

Lungh: 200 mt circa
Diff. VI max.

Avevo appeso le scarpette al chiodo. Me ne ero convinta. Da quattro mesi vedere foto di vie non mi dava più alcuna emozione. Zerooo! Poi, un paio di settimane fa, contatto il mitico Belingheri (capo servizio sport de L'Eco di Bergamo) e gli propongo un pezzo sul Melloblocco. Non mi risponde subito. Insisto un po', raccontandogli che sono tantissimi ì bergamaschi che vi partecipano, che se vuole gli faccio una lista, che non si può non parlarne. Quando la fatidica lista di partecipanti arriva ad una cinquantina, il Beli mi dà l'ok.
Nel frattempo, grazie a Raffo scopro l'esistenza di un tal Federico Madonna, nativo di Alzano, morto giovanissimo, tra i primi sassisti della Valle. C'è la storia. La storia mai scritta. Non sto più nella pelle.
Incontro Ennio Spiranelli e Jacopo Merizzi, i quali mi forniscono informazioni e foto.
Nasce così la storia di Federico, apprezzata da L'Eco e pubblicata in una pagina interamente dedicata al Melloblocco (e riportata di seguito), e... magia... torna la voglia di scalare!







Un talento straordinario e una forza esplosiva, uniti a quel pizzico di irresponsabilità che caratterizza i fuoriclasse. In soli due anni riuscì a far capire a tutti di che pasta era fatto. Di cosa sarebbe stato capace, purtroppo, lo si può solo immaginare. Federico Madonna, nativo di Alzano Lombardo, classe 1961, morì infatti non appena compiuti i 18 anni, in un banale incidente in canoa. Troppo presto per passare alla storia. Troppo presto perché si potesse scrivere di lui. Ma ciò non significa che lui, Federico, non abbia lasciato un’impronta di sé in Val di Mello. Fu il primo bergamasco a salire quelle pareti e ad arrampicare sui sassi, oltre ad essere il più veloce sassista di sempre.
Ricostruire la vita di questo ragazzo non è facile. La sua storia è passata di bocca in bocca, ma il tempo tende a cancellare i ricordi, rimasti vividi solo nella mente di chi lo ha conosciuto.
“Era uno sportivo eccezionale– racconta l’alpinista Bergamasco Ennio Spiranelli, di Nembro –Il padre, proprietario di una macelleria ad Alzano, raccontava che, da quando il figlio aveva scoperto l’arrampicata, lo trovava spesso ad allenarsi, nel retro della macelleria. Io lo vedevo in Cava, a Nembro, scalava sulla parete che ora, in sua memoria, porta il suo nome”.
Federico era giovane, forte e rivoluzionario, in aperto contrasto con gli ambienti conservatori di quell’alpinismo classico nel quale predominava la competizione per il raggiungimento della vetta, che si ostinava ad utilizzare lo scarpone rigido e che arricciava il naso davanti alle moderne scarpette da arrampicata che già spopolavano tra gli scalatori della Yosemite Valley, in America.
A cambiare la sua vita fu l’incontro con Jacopo Merizzi, qualche anno più grande di lui, oggi guida alpina e memoria storica della Val di Mello. Con lui, Federico conobbe la Valle, sposò immediatamente l’etica dei sassisti e trasferì lì, per due anni, tutta la sua attività alpinistica.
Ha raccontato di Federico con naturalezza, come di un fratello minore. Gli occhi tersi come il cielo nelle belle giornate di sole, però, mal celavano la commozione.
“Federico era istintivo, saliva, senza pensarci due volte. Era il periodo esplorativo della Val di Mello. All’epoca gli alpinisti erano solo di passaggio, diretti verso gli imponenti Badile, Cengalo, Picco Luigi Amedeo. Guardavano di sfuggita le pareti della Valle, considerate inaccessibili: placche di solido granito, liscio e improteggibile. Non una tacca su cui appoggiare lo scarpone, non un appiglio da stringere. Fummo noi “sassisti” che, a partire dal ’75, iniziammo a pensare di scalarle. Con le scarpette, ovviamente, non con gli scarponi. Volevamo cambiare il modo di arrampicare, spingerci dove l’alpinismo classico neppure osava immaginare e Federico si unì immediatamente a noi”.
Insieme al gruppo dei “sassisti” Federico scalò molte vie aperte in quegli stessi anni in Valle. Vie che ancora oggi incutono timore. A lui si deve l’apertura della storica “Patabang”, di difficoltà non elevatissime ma poco ripetuta perché completamente improteggibile.
Sulla Presolana esiste anche la via “A Federico”, aperta in memoria del giovanissimo fuoriclasse bergamasco da Ennio Spiranelli, nel 1981.

VIA I PUNTI DI BERTI AL MONTE PIEZZA, IN VAL PREDA ROSSA

La via sale a sinistra delle più famose (e più interessanti Ottobre Rosso e Cattoalcolisti), ma come ho detto, dopo i mesi di ferma, l'obiettivo non era certo la "viona" ma bensì vedere come fosse la sensazione di appoggiare nuovamente le mani sulla roccia.
Una bella sensazione: il calore del sole, la brezza leggera, i panorami immensi.
La via è chiodata a spit, a tratti un po' lunga, ma anche integrabile.
Si sale su placche di granito lavorato, alternate da tratti a gradini e un paio di cenge erbose. Interessante l'ultima lunghezza, una bella lama (passi di VI), ben spittata e, qualora necessario, proteggibile con friend piccoli seguita da una bella placca lavorata (V+).
Ta'




domenica 7 aprile 2013

06/04/2013 Snow Alpinistica al Monte Toro (da Foppolo) 2524 mt


Spartiacque tra la Val Brembana e la Valcervia, il Monte Toro costituisce una salita tranquilla e piacevole, una scialpinistica  classica  e "vicina" a casa.

Un anno di neve questo... una vera delizia per gli amanti della neve o per chi, come me, ha fretta di imparare e sprimentare. Eh sì, ogni discesa è una vera e propria sperimentazione di un qualcosa che è completamente nuovo, che non capisco ancora bene ma che mi piace e mi galvanizza.

Con Alex, un Pievani (Alberto o Nicola? Boh... sono uguali!) e Raffo (che però ha preferito optare per il Passo di Dordona) siamo saliti su questo triangolo che, seppur meno imponente del Corno Stella, sovrasta Foppolo. Il tempo non è stato decisamente dalla nostra parte : partiti con le nuvole, abbiamo camminato per tutta l'ultima ora con un super nebbione da far perdere l'orientamento e siamo arrivati quasi in vetta (sulla cresta sud) un filo disorientati, tanto da decidere di scendere seguendo le tracce di salita perchè sotto e intorno a noi, davvero, non si vedeva a 50 metri!
Durente la discesa le nubi si sono alzate e il cielo si è aperto, regalandoci (oltre alla visibilià, cosa non indifferente) un piacevolissimo sole.
La neve, farinosa, mi è parsa davvero splendida.
Soddisfatta!!!
Ta'
Raffo

Alex

Ta'

Le serpentine della discesa

Pievan

mercoledì 3 aprile 2013

03/04/2013 Snow alpinistica a P.sso San Marco

Sarà stato perchè tutti, o tanti, erano al lavoro. O perchè c'era un amico speciale e a quattro zampe. O ancora perchè la neve orobica, ad aprile, è un vero lusso. Oppure semplicemente perchè quell'essere soli in quel candore senza fine, un cellulare isolato e il non aver svelato a nessuno la meta, salendo su una strada di ghiaccio, senza rumori tutt'intorno, mi ha fatta sentire un po' into the wilde. Mi sono immaginata, con la mia tavola al seguito (quasi fosse la slitta con i viveri), attraversare l'infinita Groenlandia, passo dopo passo, solco dopo solco, orma dopo orma. L'ho immaginato, è vero. Un sogno ad occhi aperti. Ma uno splendido sogno di libertà. Quella spensieratezza trovata così inaspettatamente a due passi da casa... Perchè ci vuole poco a volte. Basta poco, cantava Vasco. Basta niente, dico io.
Sono bastati la neve, una giornata di sole, l'aria tiepida primaverile che faceva a pugni con i sogni artici che mi pervadevano e offuscavano la mente, il cane giusto che si è presentato di sua sponte alla macchina per salire fino in vetta, la persona giusta con cui condividere l'emozione, i pensieri ed i sogni più consoni nella testa. Ed ecco fatta la magia. Quella di ogni volta. Quella che un passo falso potrebbe di colpo cancellare, per sempre. Ma ne è valsa la pena, questa volta, come ogni singola volta.

Basta poco...

Ta'