“Ciao, io sono Jacopo”.
Quando lo vedi, Jacopo, l’ultima cosa che ti passa per la
testa è che faccia il 9a. Anche se, obiettivamente, è il primo particolare che
dovrebbe venire in mente.
Invece a colpirti sono quei capelli un po’ troppo arruffati,
che ricordano vagamente le illustrazioni del “Libro cuore”, e quegli occhi
enormi e sognanti, all’interno dei quali, se guardi bene, puoi vedere i cieli
stellati del Sudamerica o di uno dei tanti posti in cui è stato. Occhi da istantanea. Ancora più grandi e lucenti quando
parla del suo mondo, fatto sì di scalata, ma anche di esplorazioni, culture
diverse e rapporti sociali.
Si è raccontato così, in tutta la semplicità che lo
contraddistingue e comodamente afflosciato in una poltrona, davanti ad un
filmato che mostrava i luoghi della sua esistenza, quelli che lo hanno fatto
crescere e cambiare. La serata, che non a caso era intitolata “Climbing as a
personal R-Evolution” si è tenuta lo scorso 6 marzo presso la palestra
Orizzonte Verticale di Ronco Briantino (MB).
E così, in un clima disteso e rilassato, quasi
confidenziale, il pubblico ha potuto entrare nell’animo ma soprattutto nel
cuore di questo ragazzetto un tempo timido ed introverso, oggi uno dei migliori
scalatori in circolazione in ambito internazionale. “Non mi piace parlare – ha commentato – ma quando parlo di
arrampicata e di luoghi, le parole sembrano non bastare e finisce che mi
dilungo. Non vi voglio raccontare di vie e di gradi, ma semplicemente di
arrampicata, che è una cosa che mi viene abbastanza bene. Di come per me questo
sport sia diventato col tempo non il fine ma il mezzo per relazionarmi col
mondo”. Il pubblico ascolta, a volte quasi attonito, a volte
sorride. Rapito dalla voce, dalle parole, dalle immagini. E si sente come se lo vedesse quel ragazzino che gioca coi
Lego sul tappeto del salotto, al quale il papà dice “Sai che a Bolzano hanno
attivato il primo corso di arrampicata per bambini? Anche se non credo ti
interessi…”. Gli occhi di quel bambino si accendono. Era la notizia che
aspettava da sempre. Passano gli anni e Jacopo si allena duramente. Quello che
inizialmente era un gioco diventa uno sport nel quale riesce ad eccellere.
Qualcosa che, pur non essendo uno sport di squadra, lo mette in contatto con il
mondo. Che col tempo gli darà la possibilità di conoscerlo, questo mondo. Vince e stravince. Poi qualcosa cambia: lascia le
competizioni e quindi il mondo della “plastica” per la roccia. Falesia
inizialmente. Il grado è ancora molto importante, anche se col tempo passa
anche questo innamoramento e scatta un nuovo colpo di fulmine: quello che lo
attrae ora è la bellezza della linea. In parete come su boulder, ci sono per
lui linee che iniziano ad avere una capacità di attrazione alla quale non può e
non vuole resistere.
Un percorso, il suo, ad oggi in piena evoluzione dal momento
che il racconto si interrompe con l’ultima impresa: l’apertura a giugno 2013 della via Zembrocal a la Reunion, vicino al
Madagascar. Un racconto in cui il filo conduttore è stato, sino a questo
momento, il cambiamento. Quasi quest’ultimo fosse il motore della sua
esistenza. Un racconto sincero, pieno di fascino e dai colori nitidi, uno
scorcio del suo animo dinanzi al quale è impossibile, per chi lo ascolta,
rimanere indifferenti.
Grazie Jacopo!
Ta’
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