mercoledì 31 marzo 2010

Amore, morte e aria sottile - Francys e Arsentiev -


E’ stata definita una storia fatta di amore, morte e aria sottile.
Gironzolando sul web mi sono imbattuta in questa frasetta, così neoromantica, e non ho potuto fare a meno di buttare l’occhio.
Si dice che l’amore, sebbene sostantivo maschile, sia donna (nulla di più ridicolo! L’amore non è donna e non è uomo: è, in potenza, sentimento per buona parte irrazionale.. è dell’anima di qualcuno che ci si innamora, non della persona. Nello stesso modo ci si può innamorare di una montagna credo…)… Lasciando perdere queste mie peregrinazioni mentali torniamo al fatto che non ho voluto sfatare il mito che vuole l’amore “donna” e mi sono lasciata colpire dallo spirito di eroico romanticismo che impregna questa storia, dai retroscena che sembrano quasi voler sfociare nella leggenda.
Lungi da inutili critiche su cosa sia giusto e cosa sia sbagliato, me lo sono gustata così. Immaginando i momenti, le situazioni, e mi ha realmente impressionata e affascinata.
Francys Distefano fu la prima donna americana a salire l'Everest senza ossigeno,nell’ormai lontano maggio del 1998, accompagnata dal marito Sergei Arsentiev,che sembrava volesse realizzare il sogno di lei.

Ancora una volta mi imbatto in una donna tanto ambiziosa… Talmente tanto da dare la vita per un sogno e, per lo stesso, condannare a morte anche la persona amata.
Una salita desiderata, sudata fino all’ultimo, sconsiderata per certi versi, disperata e risoluta anche dinanzi all’ammonizione di Anatoly Moshnikov di desistere nell’intento.
Non riuscendo a raggiungere subito la vetta, rimasero infatti nella zona della morte per un periodo di tempo troppo prolungato. Dopo due notti durante le quali la montagna si risucchiò tutte le loro energie e durante le quali la mente perdeva lucidità ogni minuto di più, decisero di tentare comunque.
22 maggio 1998. I due raggiungono la vetta, stremati, alle 6 di sera. Si racconta che tentarono un bivacco di fortuna ove trascorrere la notte. Si racconta che non riuscendo a bivaccare tentarono la discesa, nel buio, deliranti. Si racconta che un vento di morte li separò senza che neppure i due se ne accorgessero.
Lui si rese conto dell’assenza della sua compagna di vita, e alla cui corda aveva più volte appeso la propria vita, solo a quota 8.200 mt, alla tenda.
Il corpo di lei si era invece accasciato sul manto ghiacciato 400 metri più in alto.
Lui, carico di medicinali e d’amore, ripercorse i suoi passi incrociando diverse cordate, che per un motivo o per l’altro, non prestarono aiuto. Chissà se lui provò almeno a chiederlo, quell’aiuto…
Chissà in quale stato fisico e mentale passò accanto al corpo di lei, senza vederlo forse. I suoi passi terminavano pochi metri oltre quell’anima ancora viva, ma inerte, a terra, andando a finire nel vuoto.
Il corpo di Sergei fu ritrovato a distanza di un anno ai piedi dell’abisso sotto la parete ovest.
Oppure è più romantico pensare che passò quell’ultima notte insieme a lei ancora viva, perché poco distante furono ritrovate corda e picozza.
Qualcuno ha scritto che in fondo le montagne sono solo roccia e neve, e che forse non ne vale la pena.
E’ una scelta. Ognuno di noi ha il diritto di scegliere. Ogni scelta va rispettata.
Io ho preferito non pensare a questo. Tanto i nostri pensieri non possono cambiare la storia. Il futuro forse, ma a volte dubito anche di ciò.
Me la sono goduta così… con l’animo di chi può ancora sognare.

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