lunedì 14 ottobre 2013

12/10/2013 Ed è già inverno!!!...Passo San Marco e Cima Villa

dislivello: 700 mt circa

Ma chi ha mai detto che per pestare la prima neve orobica si debba aspettare almeno fine novembre? Nessuno! E' stato troppo bello, quasi da non crederci quando venerdì, messo il naso fuori di casa, ho visto la neve in lontananza, sulle Grigne. Neve, neve, neve ad ottobre... un sogno... E così, quasi più per scherzo che per altro, ho lanciato un appello su facebook: "chi viene a sciare domani?". E ti pare che un patito della tavola come Alex non avesse già organizzato la prima uscita backcountry della stagione?
"Io vado a passo San Marco domani... " mi dice.
Come perdere un'occasione del genere, tanto più che verso mezzogiorno il meteo sembra annunciare una finestra di bel tempo.
E così partiamo la mattina, non troppo presto... tanto il bello è previsto per mezzogiorno!
Arrivati alla Madonna delle Nevi la strada che sale verso il passo è già chiusa (o meglio non è stata pulita), pertanto non c'è modo di percorrerla su quattro ruote. Nevica... ma fiduciosi in quella finestra di bello che in  realtà non arriverà mai, partiamo.
L'aria è pungente, anche se lungi dal classico freddo della stagione invernale. Cammino e ... e che bello. Per certe emozioni, che come dico sempre si possono trovare anche sulle montagne di casa, non esistono parole. Sono quegli istanti, quegli attimi mentre il tuo piede si sposta in  automatico davanti all'altro, che la mente si svuota e l'anima si riempie d'immenso. Sono quegli attimi in cui senti che esiste qualcosa di molto più grande, che sta sopra, dentro, ovunque... che sia forse Dio? Se è Dio, quel Dio che nel caos della quotidianità mi sfugge, qua è come un rivolo d'acqua fresca che mi scorre tra le dita. Qua, in montagna, Dio c'è.
Al passo la neve supera in ginocchio e senza ciaspole è tutta da pestare. Siamo i primi, il manto bianco è intonso: che soddisfazione. A causa del forte vento e del perdurare del maltempo, ci fermiamo sulla cima Villa e da lì scendiamo. La neve sopra i 2000 è polvere, mentre sotto è piuttosto pesante. Presto arriviamo al rif. San Marco e poi, per la stradina, alla macchina. Che bello...ho pestato la prima neve!!!

Ta

La Ta' con quell'asse da stiro che non galleggia manco a morire che è la sua tavola!!!

Bel tempo al passo...

La Ta' e Alex... lui sì che sa surfare!!!

Il tempo è talmente bello che ci viene da tornare a casa...

La Ta' quando riesce a stare in piedi e non è con la testa nella neve (truzzo style)

La Ta' con i capelli congelati tipo Mocio Vileda...
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sabato 17 agosto 2013

16/08/2013 Via Mauri-Fiorelli alla Punta Torelli (Valmasino), 3137 mt

 
 
 
Diff: V+. soste a spit tranne le prime due lunghezze, chiodi in via

Lungh: 400 mt


Dalla Bolivia con amore.. si torna ad un classicone di casa nostra (o quasi): la Valmasino.
Cara vecchia Valmasino che, grazie a Raffo che paziente si subisce tutte le mie paturnie, mi regala una giornata di spettacolare granito.
Grigio - verde, lavoratissimo, solido. La via, di difficoltà assolutamente contenute, è una delle più ripetute dell'area che sovrasta il rifugio Gianetti (insieme alla Molteni al Badile, che però richiede un maggiore impegno in termini di velocità e di tempo a disposizione, e al più sostenuto Spigolo Vinci).
La nebbia, che la fa da padrona per l'intera giornata, filtra i raggi del sole, impedendoci un'ustione sicura! Sale e scende la nuvolaglia, lasciando qua e là qualche spazio al blu del cielo che... che è bellissimo... e anche se non è quello del Sudamerica, beh questo è il MIO cielo.
Un po' di neve ci rende difficile l'attacco (consigliati un paio di ramponcini leggeri per evitare  mega scivoloni) e degli omini messi da chissà chi ci allungano notevolmente il ritorno al rifugio*.
La via sale logica, prima attraversando a destra dalla base della parete fino ad andare a prendere la cresta, per poi seguirla fino alla croce di vetta. In alcuni tratti molto esposta, risulta sempre ben proteggibile con friend medi / nut o sufficientemente chiodata.
Dalla croce di vetta spettacolare la vista sul Badile e sulla Val Bregaglia.
*Ps: dalla croce di vetta seguire la cresta fino alla sella e POI scendere a sinistra per canale e sfasciumi che portano ad aggirare il Dente della Vecchia. Consiglio di NON SEGUIRE degli ometti che scendono in un canalino, sempre a sinistra, prima di raggiungere la forcella. Ci si ritrova su cenge pensili e sfasciumose proprio sopra le placche, con un paio di doppie d'emergenza, attrezzate da chi si è imbattuto qui prima di noi...
Ta'





martedì 13 agosto 2013

Bolivia, emozioni in parole


Colori, polvere e contrasti...
Bolivia.

Terra di colori, polvere e contrasti. Tre parole per definire una nazione.

Bolivia lucente che confonde il cielo con la terra, senza orizzonte fisico ma con orizzonti precisi e con qualcuno che tenta di star loro alle calcagna. Isola sospesa, che langue a quota 4000 metri sopra i cieli, più vicina alle nuvole che al mare. Altipiani sconfinati, lama, alpaca, lagune e flamenchi di un rosa così acceso da fare invidia alla Barbie. Bolivia. Dove Vado Putana è solo il nome di un passo di montagna e non il leitmotiv di una nazione. Bolivia color della terra bruciata, della polvere che imbratta tutto, dalle persone ai panni stesi.
 
Orizzonte senza confini

Flamenco

 
Nazione senza età, gonne troppo larghe e rughe troppo profonde, canyon e quebradas che rompono la terra e invadono la pelle, sole e freddo che bruciano gli anni. Bolivia che insegue il mito delle strade asfaltate e scava, scava nella terra in attesa di gettare il cemento. Bolivia ricca di pubblicità istituzionali che promettono un futuro diverso per i propri giovani. Bolivia che ora c’è lavoro per tutti, di un Evo Morales che in miniera ci si va ancora, ma finalmente per scelta e non obbligata. Bolivia dei bambini tutti a scuola in divisa, per dare un senso di rigore. Bolivia, che ora c’è una unidad educativa in ogni pueblo, per ragazzi e per adulti, e anche un  medico! Terra di alfabetizzazione tardiva. Bolivia del cellulare e di internet per tutti, ma ancora senza vie di comunicazione. La tecnologia sembra essere arrivata troppo presto, dal momento che è forse più semplice comunicare wireless che via terra… pazzia. La stessa pazzia di una La Paz, arrampicata quale edera velenosa o pianta infestante sui versanti di una vallata che cade a picco dall’altipiano. Case su case a perdita d’occhio, una addossata all’altra, tutte mattoni e mai portate a termine, che si confondono tra i vicoli sporchi, tipici della grande metropoli del terzo mondo. Folle come Potosì, la città più alta del mondo, costruita a 4000 metri, per sfruttare al meglio le miniere d’argento.
 
Potosì

La Paz
Bolivia dei cani randagi, che sguazzano tra le strade strette e l’immondizia dei marciapiedi. Bolivia di colori, ancora, e di bambini portati sulla schiena da mamme che sembrano nonne. Bolivia del cappello a bombetta in equilibrio sulla nuca. Bolivia dai capelli neri lucenti, dai grandi occhi scuri e calienti, dalle lunghe trecce. Bolivia di vita, di speranze, di domani, dove la parola muerte ormai sembra associata solo alla carretera: da quota 4500 metri a 1500 in 60 km di budello sterrato, a picco sul mondo, tra le steppe dell’altipiano, le foreste temperate, la foresta pluviale e le sue colorate cocorite. Bolivia che si vanta di essere la più grande esportatrice di coca al mondo (bustine di mate di coca) e che in aeroporto ti ribalta lo zaino per fare i controlli antidroga. Bolivia che perseguita il narcotraffico, perché con esso non vuole avere nulla a che fare. Bolivia che non vuole farsi fotografare o che chiede denaro in cambio di uno scatto.
 



 
 
Bolivia dove anche i bambini hanno imparato che per una foto si può avere qualcosa in cambio, ma che poi sono sempre bambini, e li compri con un paio di mollettine colorate per capelli. Bolivia affascinata dall’occidente ma ancora tanto legata alle tradizioni, alle musiche, ai costumi popolari. Bolivia, a cavallo tra il vecchio e il nuovo mondo.
Ta'


lunedì 22 luglio 2013

Non è il mio anno. Decisamente no!

Non è come quando cambi il pc che ti ritrovi a travasare immagini e cartelle da un disco fisso all'altro. E questo travaso è quella goccia, leggera ed impercettibile, che fa la differenza. Il vaso, il fatidico vaso, quello che era lì, pieno fino all'orlo ma che riusciva ancora a contenere il liquame dei pensieri rimossi, comincia a riversare il suo contenuto inondando quel mondo la cui vita continua, comunque, come se nulla fosse. Immagini che virtualmente saltellano dal vecchio pc, alla chiavetta e al nuovo. E rivedi tutte le vie, le belle vie fatte negli scorsi tre anni. Riaffiorano in superficie i ricordi, le emozioni. Accarezzano la mente certi ricordi, perché ti stanno dentro. Dolci, tanto dolci, e nel contempo amari. Insieme ai ricordi anche la consapevolezza che quest'anno, di tante belle salite che avrei voluto fare, non ho portato a termine nulla. Un ottimo, ottimo motore il mio. Buone potenzialità, forse... Solo quello però. Un vero peccato che la carrozzeria lasci piuttosto a desiderare e si ammacchi tanto facilmente... Ho tanta voglia di guarire e di ripartire.

Lyskamm Orientale, alba

lunedì 15 luglio 2013

16/07 Redorta, Canale Ovest

Pizzo Redorta (3038 mt) dal Canalone Ovest
Diff: PD, pendenze 40° il canale, 45° (ma tutti secondo me!) in uscita
Sono 4 anni che lo vedo lì. La finestra della cucina del Brunone è un quadro sul Redorta. Da lì lo vedi per bene: i due gendarmi, la normale, il canalone ovest dal quale, a sinistra, si distacca il centrale, può stretto e tortuoso. Ogni anno lo vedo e dico “domani salgo anche io”. Tanto lo dico quanto, puntualmente, non lo faccio: c’è sempre un piatto di pasta da fare, un cliente da ascoltare, una coperta da piegare.
E invece, finalmente, questo fine settimana si è presentata l’occasione. Fuori dal rifugio il suono del corno riempie di note la vallata. C’è il gruppo di Orobie, che sta concludendo il suo tour itinerante per i rifugi. E lo concludono proprio qui, in quello che Moro definisce il più rifugio tra i rifugi, insieme al Coca.
Tornare qui mi regala il sorriso, sempre. La sera servo ai tavoli e zompetto tra la cucina e la sala da pranzo. Le gambe, nonostante la salita (incredibile!), non mi fanno male. Domani, alle sei, parto e stavolta salgo per davvero!
I bei sogni vengono stroncati alle 5 invece, dal gruppetto orobico che ha deciso di salire per la normale. Si alzano, preparano gli zaini, fanno colazione. Nelle mie orecchie risuonano i tintinnio dei cucchiai, le cerniere degli zaini…  tre due uno mi alzo.
Entro in sala da pranzo che sembro un fantasmino (da come mi osservano), lego i capelli ad arte spettinati, metto gli scarponi e bevo una tazza di the con tanto zucchero. Parto.
Il gruppo capitanato dal Valoti, che di roccia orobica ne sa parecchio, sta a dieci minuti di distanza da me. Ci ricongiungiamo sul limite del nevaio, per calzare i ramponi (acci, ma cosa è che quando li metti non sono mai della misura corretta e li devi regolare? Ci litigo 5 minuti, ma poi i ramponi sono ai piedi).
Partiamo insieme, loro per la normale, io per quel canalone ovest che vedevo sempre dalla finestra della cucina… Essere qua, ora, è proprio bello. Respiro, finalmente respiro. La notte ha piovuto, per cui la neve è dura, un paio di calci ogni volta per far entrare bene le punte dei ramponi. L’aria è fredda, non gelida. Si sta bene. Fotografo per ‘ultima volta il manipolo che, in fila indiana, sale per la normale, prima che si infilino dietro il versante.
Salgo salgo. Tengo la destra e passo proprio sotto i gendarmi dove c’è il risalto roccioso (che non tocco neanche perché sfrutto una lingua di neve). Nella seconda parte il canale spiana e poi, gli ultimo 50-60 metri, impenna. La neve è dura dura e tiene benissimo. Picchio giù la becca, sento le dita che fanno male e sorrido di me stessa nel chiedermi perché non ho portato la picca col manico leggermente ricurvo…
Dalla sommità del canale guardo verso il basso, hiiii non bisogna mica cadere qua. La cresta rocciosa… ci sono. La cornice si è ritirata e lascia un crepaccio tra la distesa nevosa e la cresta di sfasciumi. Poi c’è qualche passaggio su roccette, ma sai, coi ramponi, devo comunque fare attenzione. La guardo un minuto…Mmmmm… Decido di rimettere via la picca per avere libere le mani e, naturalmente, anche la Reflex deve entrare nello zaino (e fu così che vidi il copri obiettivo rotolare giù… Ffff!!!). La cresta è affilata, qualche passaggio su roccia, una lingua di neve, ancora un risalto su roccia di qualche metro ed eccomi col naso attaccato alla croce di vetta. Uno dei tremila orobici… mi piaaace!!! Dall’altra vedo giungere il Valoti e il gruppone…  A mettersi d’accordo non saremmo arrivati insieme in vetta.
Sono stanca ma contenta, tante strette di mano e tante foto (anche una bellissima e inaspettata, by Matteo Zanga, dove… dove sono proprio io, con quella faccia stanca e svarionata, ma FELICE,  tipica di quando vado in montagna).
Scendiamo insieme per la normale, fino al rifugio, dove riesco persino a farmi scattare una foto con il mitico Mario Curnis. Poche ore, tante, troppe emozioni.
Ta’

domenica 7 luglio 2013

07/07/2013 Periplo della Presolana? No, quasi...

Itinerario: P.sso della Presolana, bivacco Città di Clusone, Rif. Rino Olmo, Rif. Albani, Colere (Carbonera) Bar Nevada

Venerdì. Tante cose per la testa, forse troppe. Allora? Allora si parte per una tranquilla, silente gita in solitaria. Meta? La solita, bellissima Presolana.. che tanto il venerdì sera al bivacco non sale nessuno!
Zaino, sacco a pelo, la cena dei campioni (Insalatissima di tonno Rio Mare e Tennet's Super... recupererò un panino strada facendo), frontale e macchina fotografica: voglio immortalare il tramonto e poi l'alba, il rosso ed il giallo che si sciolgono melliflui sulle pareti della Regina...
Sono le 7 passate quando attraverso il bosco che contraddistingue la prima parte di avvicinamento e, tra i raggi obliqui del sole, si apre lo spettacolo dei maggiociondoli (quest'anno lugliociondoli!!!) fioriti...
Salendo mi fermo alla Baita Cassinelli a fare scorta di acqua e faccio due parole col rifugista.
Alle 8 e mezza sono al bivacco arancione. Vuoto. Splendido. Mi cambio, autoscatto per ricordare questa esperienza e, ispirata, scrivo pure una dedica ad Alberto sul quadrenetto nel bivacco. Ceno e con la birra in mano, seduta fuori, aspetto con ansia la stellata.
Mi sembra di sentire delle voci in lontananza. Nooooo... sbaglio. Invece sono sempre più vicine. Sì sì, tre ombre si stagliano sul sentiero. Non ci credo. E fu così che la mia volontà di trascorrere due giorni in solitudine riflettendo venne rapidamente disattesa dall'arrivo di tre pisciasotto capitanati dall'adulto Giacomo Rovida (Jack per gli amici, Pietro e Simone gli altri )... :)
Giungono trafelati, carichi di corde e di buoni propositi arrampicatori per l'indomani...
Tirano fuori schifezze e merendine di vario genere e si dichiarono tutti fidanzati con la stessa tipa di Colere, quella della prima porta a destra (alias canotta scollatina e occhiali da profe, ma di quelle un po'...).
Bona, finita la pace. Ma in fondo non sono neppure antipatici e li si ascolta volentieri. :)
Ben presto (verso le 11) decidono di andare a letto perchè sai, l'indomani eroiche imprese attendono i nostri baldi giovini...
Passa mezz'ora e uno dei tre (Simone o Pietro? Pietro mi pare...) dichiara di avere una certa necessità (finemente: devo andare a pisciare). Esce dal bivacchino ma, alla velocità della luce "ribatte" (qua il dialetto bergamasco rende meglio) immediatamente indietro urlando: "Caxxo Caxxo c'è una luce a sei led, qua, qua fuori...". "Piantala cretino sono i lampi". "Sì, no, davvero, caxxo io non esco più che qua ci scappa il morto!".
Escono in due (per farsi coraggio?) ma non c'è verso, la luce si è spostata verso il ghiaione e loro, la pipì, fuori non la fanno più.
"E se la faccio nella bottiglia?". "Nooo, non nella bottiglia che schifo!". Delirio totale.
Suona il mio telefono. Dall'altra parte una voce che va e viene. "Tatyyyy, ma dove caxxo sta il bivacco!?! Mi sono perso!". E' il Manenti che, a sorpresa, è salito anche lui. E che sorpresa!! Corro fuori e accendo la mia frontale, per indicargli la direzione. Non ci credo. E' in mezzo al ghiaione, sotto la Grotta dei Pagani. Corre giù lui, gli corro incontro io, ridendo a crepapelle. Pietro finalmente esce a "evacuare". E col Renzì arriva anche il prosecco e, olè, fiesta!
Insomma, la tranquilla serata è diventata quasi un party.

L'indomani mi sveglio, l'alba proprio non la vedo, faccio colazione col Renzì sulla piazzola dell'elicottero a the e tortine alle carote. Poi il Renzì scende di nuovo al Passo, gli altri (un po' per le nebbie della Presolana, ma io credo anche per la nottata) decidono di scendere e di andare in falesia (o a trovare la fidanzata comune? Quella della prima porta a destra?)... Io mi ricarico lo zaino e mi dirigo verso il Rif. Olmo. Lì cafferino e il mio giro continua verso il Passo dello Scagnello, per poi scendere all'Albani, sotto la nord.
Strada facendo trovo anche un compagno di viaggio, gran camminatore e amante della fotografia (www. conlatestatralenuvole.org)... La solitaria, 'sto fine settimana, davvero non fa per me. E allora godiamocela così come è venuta...un sacco di gente nuova.
All'Albani mi concedo un piatto di polenta e funghi, e... mi trovo accanto ad un signore di Robbiate (Lc) che mi racconta del più e del meno... i casi della vita...
Scendo a Colere (la meta era Colere...io oggi dovevo proprio passare al Nevada!!!) dove sono accolta da due sorrisi splendenti!
Bene, missione compiuta, ora ho tutto, anche la foto della Croce sopra l'Albani... vero Roby? :)
POCA SOLITUDINE... ma che bell anche così!
Un saluto ed un ringraziamento al Trio Rovida, al Renzì e all'immancabile gruppo milf Colere.
Ta'



venerdì 28 giugno 2013

La Fiamma - Pinnacolo di Maslana - genesi di una via...




Due generazioni e due modi diversi di vivere l’arrampicata, ma un’idea in comune. Si sono ritrovati a condividere lo stesso sogno a quindici anni di distanza l’uno dall’altro, hanno unito le loro forze e, guadagnando metro dopo metro, ce l’hanno fatta, dando vita al più severo di tutti gli itinerari d’arrampicata che costellano il Pinnacolo di Maslana. “La Fiamma” è la nuova figlia del monolite che, slanciato e possente, svetta su Valbondione. Ad aprirla l’alpinista Fulvio Zanetti di Albino ed Ernesto Cocchetti, guida alpina di Castione della Presolana. Sono saliti sulla parete est di questo obelisco roccioso incastonato tra i toni smeraldini delle foglie e i lampi giallo intenso dei maggiociondoli in fiore. La roccia del Pinnacolo, sebbene ricordi il granito, è frutto di un piccolo scherzo della natura: il verrucano, conglomerato residuo di una orogenesi antecedente la nascita delle Prealpi. Una sorta di mostro preistorico, idra o dinosauro, partorito dalla terra proprio lì, nel cuore delle Orobie.
Questa linea che sale, diretta, le asperità della parete, è rimasta lì inesplorata e si è fatta sognare per quindici lunghi anni. Chissà in quanti l’hanno guardata, forse di soppiatto, e desiderata. Chissà… Ma il destino, o forse il caso, ha voluto che le strade di questi due “valligiani doc” si incontrassero proprio qui, in quel di Maslana.

Qualche anno fa avevo immaginato una possibile linea diretta che salisse la parete est del Pinnacolo e, due estati fa, cominciai a scalarla assicurato da Valentino Cividini e Guido Valota, due cari amici – racconta Fulvio Zanetti. - Dopo i primi due tiri, finii su un vecchio tentativo, abbandonato, che terminava nel nulla una ventina di metri sopra. Mi sorpresi nel pensare che qualcuno mi avesse preceduto. Successivamente tornai con l’intento di sostituire i vecchi spit e, prima di continuare, mi informai su chi avesse chiodato quel tratto. Era curioso che qualcuno, a mia insaputa, potesse aver inseguito il mio stesso sogno e che, come dimostrato dai fatti, non fosse riuscito a portarlo a termine. Fu così che conobbi Ernesto Cocchetti, il quale aveva tentato la salita 15 anni prima. Pensai di informarlo circa la mia intenzione di proseguire da dove lui si era fermato e, subito, mi propose di continuare insieme”.

Un obiettivo comune e condiviso, il loro, guadagnato un metro alla volta, con la stessa trepidazione di un bambino ai suoi primi passi. Quando lo vedi da vicino Fulvio, quando ti racconta di questi passetti mossi su cliff, è lampante che non sta nella pelle. E gli occhi si fanno sbarrati come quelli di chi vede un fuoco d’artificio, e il sorriso largo come quello dell’innamorato che sogna la sua donna.

La via ci ha impegnati per una decina di uscite. Sole o pioggia poco contava, dal momento che la parete è strapiombante e si è “a tetto” - ironizza Fulvio. - Abbiamo chiodato salendo dal basso, usando i cliff solo per posizionare le protezioni. Per cinque lunghezze di corda le difficoltà sono state alte e c'era sempre la paura di finire su tratti non superabili in arrampicata libera, soprattutto nella seconda metà, dove la roccia è liscia e strapiombante. Fortunatamente è capitato il contrario: una successione di tacche e fessure ci ha aiutati a progredire lungo un percorso tortuoso ma logico, che segue il facile nel difficile, con tratti di estremo interesse dal punto di vista arrampicatorio”.

Arrivano in vetta a fine ottobre, giunge l’inverno e “La fiamma” torna ad essere un sogno, anche se più tangibile ora. La linea c’è, è stata salita. Otto lunghezze di corda, di cui quattro non ancora liberate, che attendono solo la primavera. Primavera che, manco a dirsi, tarda non poco ad arrivare. Fulvio attende con ansia il momento in cui potrà salirla nuovamente e, con lui, alcuni amici.

Quest'anno, nonostante il tempo spesso piovoso, con Maurizio Tasca, solo 21enne ma già forte scalatore, siamo saliti con l'obiettivo di liberare il terzo tiro, una fessurina di grado 7c, molto fisica e tecnica allo stesso tempo. L'assalto finale alla parete ha avuto luogo invece sabato 11 e domenica 12 maggio, sempre con Maurizio e con la collaborazione di Mauro Gibellini e Diego Pezzoli di Clusone. Per guadagnare tempo, abbiamo deciso di bivaccare sulla piccola cengia battezzata solarium, che si trova esattamente a metà via. Anche grazie a loro “La fiamma” è stata interamente salita in arrampicata libera. L’arrampicata è così, un’esperienza tra fatica, sogno, estasi e lavoro di squadra. Un grazie di cuore a tutti gli amici che sono stati coinvolti. Chi più e chi meno, tutti hanno contribuito. Chi ha portato il materiale, chi ha provato a liberare i tiri, chi li ha riprovati e chi alla fine è riuscito a liberarli, chi ha incoraggiato gli altri, chi ha fatto le foto, chi ha portato l'acqua, chi ha sopportato il freddo e il vento, chi ha raccontato barzellette, chi ha ballato, ma più semplicemente chi alla fine di tutto ha sorriso”.

...BRAVO FULVIO, BRAVI TUTTI!!!!!

Ta'

domenica 2 giugno 2013

26/05/2013 Ardesio si blocca!

Splendidi i blocchi e anche il clima che si è creato alla prima edizione di ArdesioSiBlocca: contest di arrampicata urbana.
Complimenti a tutti e ... al prossimo anno!
Ta'

Simone


Monia e Anna

Ta'


Theo

Ilaria

Fabri Zio

Ele

Fusco

Ta'