Pugno nello stomaco! Doccia fredda! Apri Facebook e una news ti gela il sangue nelle vene. Il tuo volto, il tuo nome, quel fatidico "Non ce l'ha fatta l'uomo con le ali" rende tutto così reale. E subito ti dici "No, non Diego, lui sapeva volare...".
E infatti, caro Diego, non ti ha tradito la vela. Non una termica. Non un temporale improvviso... Non ci saresti mai cascato. Ti ha tradito la strada. E lasci noi, una bellissima moglie, i tuoi piccoli.
Ti omaggio ripubblicando il servizio che avevamo costruito insieme per l'Eco di Bergamo. Ce ne è un altro, realizzato sempre insieme, e insieme all'amico Sergio Nestola, per la rivista Orobie. Mi sarebbe piaciuto vedere la tua faccia, una volta pubblicato. Il tuo sorriso largo e buono.
Ciao Diego.
Silenzio tutt’intorno. Poi parte la prima brezza che,
leggera, sfiora il viso. Nell’aria solo la voce di Diego, l’istruttore. “Senti
il vento che si alza. Ascoltalo bene. Da dove arriva? Dai, questo è il momento
giusto”. Fabio, che da qualche mese frequenta il corso è lì, pronto e
concentrato, lo si vede. E allora tre, due , uno, via. Muove qualche passo
lungo il pendio e la vela si gonfia sopra la sua testa. “Aspetta che sia sopra,
non avere fretta – urla Diego. Poi tutto d’un tratto la vela è imponente,
perpendicolare sopra di lui. E’ il momento di correre a perdifiato verso il
basso, con il busto proteso in avanti. Fa giusto in tempo a muovere ancora
qualche passo e poi, quasi senza che se ne accorga, i suoi piedi si allontanano
dal suolo. Sta volando.
E’ questa. E’ esattamente questa la sensazione che si prova
durante i primi voli, appesi al parapendio nella Conca del Monte Farno, ai
piedi del Pizzo Formico e sopra il paese di Gandino. Proprio qua, nella media
Val Seriana, Diego Servalli tiene i suoi corsi di volo. La conca, chiamata
dagli allievi “il campetto”, è spaziosa, priva di caseggiati o linee
elettriche, protetta dalle forti correnti e soleggiata: l’ideale per
approcciarsi al volo. A detta di tanti, semplicemente uno dei campi scuola più
belli del nord Italia.
Oggi a lezione ci sono Fabio (dalla Valle Camonica), oltre a
Manuel ed Elisabetta, bergamaschi come Servalli che, sulle ali del vento dal
1989, ha fatto della sua passione anche la sua professione. Solo assistendo ad una lezione è possibile
ridimensionare quella “paura del volo” che spesso si accompagna agli sport come
il parapendio, spesso e a torto etichettati come estremi e pericolosi. I tre si
mettono alla prova con i primi voli bassi e sotto l’occhio vigile
dell’istruttore, con vele fornite dalla scuola (Aero Club Monte Farno) e adatte
alla loro ancora ridotta esperienza, si allenano a controllare il loro mezzo.
Ci vorranno almeno una ventina di voli bassi nel campetto prima di prendere
quota. E ancora una quarantina,
radiopilotati dall’istruttore che li segue a vista, dal basso, per
provare a prendere il brevetto per il volo libero.
“Per questo motivo i corsi, emozionanti ma allo stesso tempo
impegnativi, hanno la durata di circa un anno e si compongono di lezioni
pratiche e di due mesi circa di teoriche” - spiega Servalli. “L’attrezzatura,
almeno fino a metà corso e fornita dalla scuola. Poi, quando l’allievo è sicuro
di voler continuare nella pratica di questa disciplina, può acquistare la sua
vela. Prima del corso viene proposto un volo in biposto, anche per valutare
l’attitudine personale al volo. Durante le lezioni nel campetto gli allievi
vengono addestrati a preparare l’attrezzatura nel modo corretto (e anche a
riporla una volta terminato il volo) e ad imbragarsi, a valutare il vento e a
controllare la vela attraverso brevi voli a pochi metri da terra, a manovrarla
piegando in tutte le direzioni e ad atterrare in maniera dolce. Solo una volta
divenuti davvero abili in queste prime manovre possono affrontare i primi voli
alti, ovviamente da soli ma guidati dal basso. Devono arrivare al brevetto
senza margine di errore”.
Servalli vola e vola alto, anche se da una decina di anni è
uscito dal panorama delle competizioni. Nel Campionato Italiano, nei Regionali
e nella Lega Piloti si è sempre ben posizionato senza però mai scadere in quel
senso di competizione estrema che, probabilmente, gli avrebbero col tempo tolto
la passione per il volo. Le Orobie sono le montagne che sorvola da sempre, fino
a 3.300 metri di altezza. In tutte le stagioni, anche nelle terse giornate
d’inverno.
“Ho iniziato 25 anni fa. Non c’erano corsi e le prime vele
non erano certo come quelle di oggi. Il parapendio in Italia era uno sport
assolutamente poco conosciuto, nato più che altro come modo veloce o alternativo
per scendere dalle montagne. I primi voli sono stati proprio alla conca del
Farno che, ancora, non era un campo scuola. Si saliva sul versante della
montagna, con un amico più esperto, e si provava. Si andava un po’ da
autodidatti, cosa che sconsiglio vivamente, ma venticinque anni fa di scuole
non ce n’erano e provare era l’unico modo per imparare. Con gli anni sono
venuti l’esperienza, il brevetto e i corsi per diventare istruttore, di
parapendio e di paramotore”.
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