lunedì 8 giugno 2015

09/06/2015 Diego Servalli: sulle ali del vento dal 1989...ora voli anche senza vela. Ciao!

Pugno nello stomaco! Doccia fredda! Apri Facebook e una news ti gela il sangue nelle vene. Il tuo volto, il tuo nome, quel fatidico "Non ce l'ha fatta l'uomo con le ali" rende tutto così reale. E subito ti dici "No, non Diego, lui sapeva volare...". 
E infatti, caro Diego, non ti ha tradito la vela. Non una termica. Non un temporale improvviso... Non ci saresti mai cascato. Ti ha tradito la strada. E lasci noi, una bellissima moglie, i tuoi piccoli.
Ti omaggio ripubblicando il servizio che avevamo costruito insieme per l'Eco di Bergamo. Ce ne è un altro, realizzato sempre insieme, e insieme all'amico Sergio Nestola, per la rivista Orobie. Mi sarebbe piaciuto vedere la tua faccia, una volta pubblicato. Il tuo sorriso largo e buono. 
Ciao Diego.




Silenzio tutt’intorno. Poi parte la prima brezza che, leggera, sfiora il viso. Nell’aria solo la voce di Diego, l’istruttore. “Senti il vento che si alza. Ascoltalo bene. Da dove arriva? Dai, questo è il momento giusto”. Fabio, che da qualche mese frequenta il corso è lì, pronto e concentrato, lo si vede. E allora tre, due , uno, via. Muove qualche passo lungo il pendio e la vela si gonfia sopra la sua testa. “Aspetta che sia sopra, non avere fretta – urla Diego. Poi tutto d’un tratto la vela è imponente, perpendicolare sopra di lui. E’ il momento di correre a perdifiato verso il basso, con il busto proteso in avanti. Fa giusto in tempo a muovere ancora qualche passo e poi, quasi senza che se ne accorga, i suoi piedi si allontanano dal suolo. Sta volando.
E’ questa. E’ esattamente questa la sensazione che si prova durante i primi voli, appesi al parapendio nella Conca del Monte Farno, ai piedi del Pizzo Formico e sopra il paese di Gandino. Proprio qua, nella media Val Seriana, Diego Servalli tiene i suoi corsi di volo. La conca, chiamata dagli allievi “il campetto”, è spaziosa, priva di caseggiati o linee elettriche, protetta dalle forti correnti e soleggiata: l’ideale per approcciarsi al volo. A detta di tanti, semplicemente uno dei campi scuola più belli del nord Italia.
Oggi a lezione ci sono Fabio (dalla Valle Camonica), oltre a Manuel ed Elisabetta, bergamaschi come Servalli che, sulle ali del vento dal 1989, ha fatto della sua passione anche la sua professione.  Solo assistendo ad una lezione è possibile ridimensionare quella “paura del volo” che spesso si accompagna agli sport come il parapendio, spesso e a torto etichettati come estremi e pericolosi. I tre si mettono alla prova con i primi voli bassi e sotto l’occhio vigile dell’istruttore, con vele fornite dalla scuola (Aero Club Monte Farno) e adatte alla loro ancora ridotta esperienza, si allenano a controllare il loro mezzo. Ci vorranno almeno una ventina di voli bassi nel campetto prima di prendere quota. E ancora una quarantina,  radiopilotati dall’istruttore che li segue a vista, dal basso, per provare a prendere il brevetto per il volo libero.



“Per questo motivo i corsi, emozionanti ma allo stesso tempo impegnativi, hanno la durata di circa un anno e si compongono di lezioni pratiche e di due mesi circa di teoriche” - spiega Servalli. “L’attrezzatura, almeno fino a metà corso e fornita dalla scuola. Poi, quando l’allievo è sicuro di voler continuare nella pratica di questa disciplina, può acquistare la sua vela. Prima del corso viene proposto un volo in biposto, anche per valutare l’attitudine personale al volo. Durante le lezioni nel campetto gli allievi vengono addestrati a preparare l’attrezzatura nel modo corretto (e anche a riporla una volta terminato il volo) e ad imbragarsi, a valutare il vento e a controllare la vela attraverso brevi voli a pochi metri da terra, a manovrarla piegando in tutte le direzioni e ad atterrare in maniera dolce. Solo una volta divenuti davvero abili in queste prime manovre possono affrontare i primi voli alti, ovviamente da soli ma guidati dal basso. Devono arrivare al brevetto senza margine di errore”.
Servalli vola e vola alto, anche se da una decina di anni è uscito dal panorama delle competizioni. Nel Campionato Italiano, nei Regionali e nella Lega Piloti si è sempre ben posizionato senza però mai scadere in quel senso di competizione estrema che, probabilmente, gli avrebbero col tempo tolto la passione per il volo. Le Orobie sono le montagne che sorvola da sempre, fino a 3.300 metri di altezza. In tutte le stagioni, anche nelle terse giornate d’inverno.

“Ho iniziato 25 anni fa. Non c’erano corsi e le prime vele non erano certo come quelle di oggi. Il parapendio in Italia era uno sport assolutamente poco conosciuto, nato più che altro come modo veloce o alternativo per scendere dalle montagne. I primi voli sono stati proprio alla conca del Farno che, ancora, non era un campo scuola. Si saliva sul versante della montagna, con un amico più esperto, e si provava. Si andava un po’ da autodidatti, cosa che sconsiglio vivamente, ma venticinque anni fa di scuole non ce n’erano e provare era l’unico modo per imparare. Con gli anni sono venuti l’esperienza, il brevetto e i corsi per diventare istruttore, di parapendio e di paramotore”.

Nessun commento:

Posta un commento