lunedì 31 agosto 2015

31/08/2015 Gnanca omo! - Pensieri vaganti di due settimane girovaganti



Un libro? Non credo di aver mai recensito (forse meglio dire "parlato", le recensioni le lascio a chi le sa fare!) di mia sponte un libro! E' capitato, per lavoro, ma che decidessi di farlo io, mai! Eppure mi ritrovo qui, ora, nel letto, con il pc sulle gambe e una gran voglia di raccontare! Perchè, lavoro a parte, scrivere rappresenta una delle mie passioni, oltre che uno splendido "calmanima" (sì, quando scrivo per me, mi prendo pure licenze poetiche!). Perchè a me piace raccontare storie. E nelle mie storie, in quelle che preferisco, non c'è il grande eroe, o il campione di turno, ma un uomo normale. (Che poi, diciamocelo, se vedi una persona e vuoi raccontarla, allora questa persona tanto "normale" in fondo non è!).
Dietro questo libro si nascondono un uomo, una vicenda divertente e, scoperta postuma rispetto al momento del fatto qui descritto, un'ottima scusa per leggere.
Allora, da dove comincio? Semplice... comincio da un posto semplice. Locanda Italia. Sono lì seduta al tavolo di legno. Alle mie spalle una sfilza di guide di arrampicata, bike, trek, naturalistiche... e una vetrinetta tipo teca, con i sacrissimi numeri di Alp e Pareti. Non so dove guardare. Sto aspettando e mi guardo le dita. Lo trovo un atteggiamento un tantino stupido e decido di accaparrarmi qualcosa tipo libro o rivista, per ingannare il tempo e non essere costretta a guardarmi le dita.
D'istinto prendo quello con la copertina gialla, sintomo del mio buon umore del momento, il bimbetto sopra e il titolo in dialetto. Mi risiedo e inizio a leggerlo. Salto l'introduzione. Tanti dicono che è importante, ma io la odio, perchè se prendi un libro significa che vuoi leggerlo, e se vuoi leggerlo l'introduzione ti allontana dal momento in cui inizierai la vera lettura.
Mi piace subito. Il linguaggio è semplice, schietto e diretto. Lo senti che ti parla, l'autore, e invece no, lo stai leggendo. Sono le ultime ore della giornata e la lettura scorre veloce. Alcuni aneddoti poi sono davvero simpatici. E te le vedi le cose. Questo bambinetto che vive in questo mondo di non molti anni indietro, lo stesso in ci vivo io, ma così diverso dal mio. E la vedi la corsa in ospedale della mamma partoriente, e lo zio frate che un giorno compare con una donna accanto (e non è più frate). E i ragazzetti che in oratorio giocano a giochi dai nomi a me sconosciuti.



Leggo e leggo, fino a pagina 14, quando scoppio a ridermela da sola. L'uomo seduto dinanzi a me mi guarda e chissà cosa pensa... Allora, mi viene naturale, lo guardo e gli dico: "No, sai, rido perchè questo libro è troppo bello, mi sto scompisciando. Pensa che qua il tipo dice di essere nato davanti alla portineria dell'ospedale, perchè la mamma non aveva fatto in tempo a raggiungere la sala parto, e quindi per questo ha l'imprinting del vagabondaggio... Perchè è nato davanti a una porta. Ora scrivo un messaggio a mia mamma, la informo dove sono di preciso e le chiedo se mi ha partorita davanti a una porta".
L'uomo sorride e mi sembra sorridere proprio di gusto. Allora tento la mossa da intellettuale e incalzo (andando a vedere la parte biografica): "Mmm, Paolo Perini, di Bassano del Grappa...uno scrittore locale. Lo conosciamo?". (Riferendomi al fatto che nel locale ci fosse, a disposizione degli avventori, questo libro).
Lui mi guarda, il sorriso sembra allargarsi e mi risponde "Beh, sì, sono io...".
Scoppio a ridere, piegata in due sul tavolo, e probabilmente anche in modo rumoroso. Rido e dico "Oh, solite figure che faccio, non sapevo...". E rido.
"Non preoccuparti, questi sono i complimenti veri, quelli sinceri, non quelli che ti arrivano da chi sa e che magari deve farti i complimenti".
E niente. E poi si va avanti e si parla un po', fino a che non arriva per me il momento di andare. Alla fine Paolo, il libro, me lo regala. E a me sembra di aver ricevuto un dono preziosissimo. Un libro direte... No! Ho ricevuto in dono 154 pagine di carta stampata, una sana risata, una nuova persona conosciuta, un ricordo e la possibilità di rivivere un mondo un po' vecchio (non me ne voglia Paolo, se mai leggerà... non si tratta di un vecchio nel senso "anagrafico" del termine) e un po' nuovo, che difficilmente può tornare a rivivere. Una realtà di provincia, descritta con gli occhi di un bambino, la lingua di un adulto e il cuore di chi ha vissuto non tanto, non poco, ma il giusto.
E ora sono qua, nel mio letto, che leggo, sorrido e ricordo l'uomo dagli occhi inteneriti che mi ha salutata con un bacio sulla guancia.

martedì 25 agosto 2015

25/08/2015 Walter Bonatti in ricordi...

Una piccola Tatiana e Walter Bonatti

Quella a destra, piccoletta, sono io. E a sinistra lui, Walter. Questa fotografia, che mi segue da più di 10anni, è un autentico cimelio della mia piccola, ma per me grande, vita. Mi ha seguita nei trasferimenti senza mai andare persa, è stata in bella mostra oppure chiusa in una scatola di cartone. Domenica scorsa, guardando affascinata e ammirata gli autoscatti di lui, di Bonatti, al forte di Bard, mi è venuto un flash. Walter è stata una delle mie prime interviste... Gran cosa direte voi. In realtà io a quell'epoca in montagna neppure ci andavo. Avevo tra i 19 e i 21 anni e non avevo le idee chiare su cosa volessi fare nella vita. Volevo scrivere, volevo trasmettere emozioni, volevo... Quante cose volevo! Lavoravo per un piccolo giornale di provincia che, e questo glielo devo, tra calci in culo e prese in giro, mi ha permesso di iscrivermi all'albo, dopo tre anni di onorato sfruttamento... Ah no, si dice servizio please! Fatto sta che quella sera Walter Bonatti presentava una delle sue serate, invitato, se non ricordo male, dallo Sport Specialist di Sirtori, in Brianza. Io manco lo conoscevo... Come dire, il nome era noto, ma come lo è quello di tanti altri di cui non sai nulla o poco nulla. La serata cominció e dopo un quarto d'ora mi ritrovai a pensare che l'omino dai capelli bianchi fosse davvero un figo pazzesco. Parlava sotto voce, con fare umile... Caratteristica che, imparerò dopo, accomuna molti grandi uomini. Con lui la moglie: l'inseparabile Rossana. Ai tempi l'alpinismo era per me quasi arabo, i pericoli ad esso connessi non li immaginavo neppure. Ero una semplice inviata del giornale, che tra un consiglio comunale è un incidente stradale si occupava anche di un Bonatti. E poi era dopo cena e nessun giornalista bramava di lavorare dopo cena, quindi ci si mandava la Tatiana di turno. Non sapendo molto di alpinismo rimasi colpita dai viaggi e nel mio immaginario Walter diventó ben presto l'uomo con la sciabola, che sfida tigri e serpenti nei luoghi più remoti del pianeta. Ma soprattutto era l'uomo che aveva inseguito i suoi sogni per tutta una vita, dimostrando che l'impossibile è solo nelle nostre testoline. Non mi ero mai fatta scattare una foto ad una serata, ma quella sera ne valeva la pena. Lo abbracciai, mi abbracció. La pelle rovinata del suo viso, alla luce di quella vita trascorsa al limite, mi piacque indescrivibilmente. "Complimenti... -ero confusa e non sapevo che dire- ... Io, mi vergogno, ma non so molto di te. Sono solo una giornalista, anzi a dire il vero non sono neppure quella... Sono una che scrive e...". "Sei giovane, tanto. Non conoscermi non è una colpa. Puoi fare, diventare quello che vuoi, se lo vuoi".
E sono qua, che ancora ci provo. Grazie Walter 

lunedì 24 agosto 2015

24/08/2015 Cima Tosa, via Migotti (Dolomiti del Brenta)

Val D'Ambiez


Bella e facile salita in ambiente TOP. D'altra parte la Val D'Ambiez, con i suoi campanili e le sue pareti strapiombanti, è sempre una garanzia. L'idea di arrivare in cima (3.173 metri) non mi aveva neppure sfiorata fino a che non siamo arrivati (Mirko ed io) al nevaio (o meglio a quel che ne era rimasto). A causa del caldo intenso anche in quota, le condizioni erano anomale. Le scarpe affondavano nella neve e non si faceva alcuna fatica a gradinare anche nei brevi tratti ripidi. Niente ramponi quindi, anche se poi per salire abbiamo preferito indossare l'imbrago ed il caschetto rimasti nello zaino dalla falesia del giorno prima e usare uno spezzone di corda. L'uscita, sulla cupola di neve che si trova alla sommità, è spettacolare....così come il rientro, che si snoda su tracce di sentiero in un paesaggio quasi lunare.

Incantata


Paesaggio lunare



domenica 23 agosto 2015

Bolivia di terra, fango, mattoni e occhi scuri



Perchè certi ricordi, che arrivano vividi e prepotenti anche in piena notte, proprio non li puoi controllare, e tantomeno cacciare. E allora eccomi lì, sull'altipiano boliviano, in quel villaggio fatto di terra e di mattoni essiccati al sole, a raccontarmela con quel piccolo mangiabiscotti dagli occhi neri. Me lo ricordo bene, il fetentello. 

Piccoletto, carnagione scura e cappellino calcato in testa. Si è avvicinato con le mani in tasca e fare spavaldo, incuriosito da questo strano essere dai capelli rossi e la pelle troppo chiara. Un sorriso? No, mica si regala qualcosa per nulla. Palpo le tasche. Qualcosa sfrigola e a lui si accende l'occhietto. E' un pacchettino di biscotti, quelli che ti danno in aereo per far sembrare il viaggio meno lungo. Non pare affamato, anzi è rotondetto (ma qua tutti lo sono), però i biscotti ben confezionati nella loro carta scintillante sono belli e, chissà, magari fanno anche gola. Eccolo il ponte invisibile, la chiave per aprire il dialogo. Fatto di sguardi ovviamente, di gesti pacati e di sorrisi, perchè a lui la mia lingua pare una bestemmia. Ma va bene così. Si parla con gli occhi. I biscotti se li intasca subito. Sgattaiola in una di quelle casupole terrose e forse mostra a qualcuno il ricco bottino. Ne esce con il pacchetto aperto e se ne sgranocchia un pezzo. 



Buono? E a me? No, non è più mio. Un dono è un dono, e non si chiede indietro. Sono diventata la sua dispensatrice automatica di piccole cose belle. Una piccola gomma, una matita dell'Ikea. Cose belle, cose preziose. Siamo amici ormai. Siamo amici fino a che avrò nelle tasche qualcosa. I ponti, per ora, sono crollati. Le distanze annullate. Dei biscotti. Bastava così poco!

sabato 22 agosto 2015

Emozione pura



All’inizio l’avventura è stata 

guardare una cartina, preparare lo zaino, caricare la macchina e partire. 
Da sola. Vagante. Alla ricerca di risposte. Alla ricerca dell’avventura stessa. 

Poi le prime gocce di pioggia sopra la tenda, il primo pasto frugale, la frontale ed un libro. Il fruscio delle foglie sotto la mano del vento, i rumori soffusi della notte e la luce assordante dell’alba. 

Non era ancora avventura. 

La fatica di camminare, allora, e di inerpicarmi per la via meno logica, non per raggiungere la meta ma piuttosto per trovare qualcosa lungo la strada. 

Non era abbastanza. 

Tutto regalava momenti di gioia, ma pur sempre momenti. Il viaggio si stava lentamente spostando da una dimensione fisica ad una metafisica: era il cammino di chi vuole andare oltre, scoprire cose fuori e dentro se stessi. Forse ero troppo vicina a casa, forse avrei dovuto andare più lontano, dove il mondo è diverso e sa insegnare.


Poi quando sbucata da una notte insonne, uscendo dalla tenda, mi sono ritrovata con le pupille nelle tue, quasi a dialogare coi tuoi occhi grandi, a strisciare a terra per poterti toccare, a rispettare il tuo timore e a godere di quel reverenziale silenzio, ho capito che era giunto il momento di tornare a casa. 

Tu, che invano avevi tentato di mangiarti la mia tenda e forse anche me, mi avevi regalato 
quell’istante di emozione pura che andavo cercando e che ora io chiamo avventura.

 Tanta strada per poi scoprire che l’avventura non era andare, fare, spingersi oltre l’immaginabile. 

L’avventura è un privilegio di chi, semplicemente, ha imparato a vedere.

martedì 4 agosto 2015

04/08/2015 Sulle vette dei 4 Geants della Valle d'Aosta: il progetto di Pablo Criado Toca


Pablo è uno spasso. Non scherzo. Lo conosco davvero poco però, solo a stargli vicino, ti fa passare il morale da livello -2 a +8! Semplicemente perchè ride sempre e prende la vita con entusiasmo, e in questo particolare un po' mi ci riconosco. Ho avuto la fortuna di incontrarlo lo scorso anno, esattamente in questo stesso periodo, in occasione dell'edizione zero di Orobie Ultra Trail. E l'ho rivisto qualche giorno fa, per la prima edizione. Come avrete capito Pablo è un ultratrailer ed è, al momento, tra i dieci migliori runner su scala mondiale. Domenica, al termine di Out e prima che ripartisse per Courmayeur (credo che Pablo sia l'unico cantabrico di Courmayeur), mi ha accennato ad un bel progetto che gli frulla nella testa da qualche tempo e che tenterà di realizzare a brevissimo termine. "Bello", gli ho detto. Oggi mi è arrivata una mail nella quale mi chiede, se posso, di fare un po' di informazione. Detto, fatto!



Nel periodo tra il 9 e il 17 agosto 2015, proverà a salire in stile alpino i 4 quattromila della Valle d’Aosta, concatenandoli a piedi e di corsa. Il progetto è realizzato con la collaborazione della società delle Guide Alpine di Courmayeur, la società delle Guide Alpine di Cervinia e la Fondation Grand Paradis, e naturalmente grazie al team Grivel.

"La corsa in montagna, il trail running, è di moda. Sempre di più lungo i nostri sentieri incontriamo persone che corrono, ma non per questo la montagna va sottovalutata. Correre è molto divertente ma quando si sale a certe quote allora diventa importante affidarsi ai professionisti della montagna.” 

La montagna va rispettata in tutti i suoi aspetti per cui a certe quote possiamo tranquillamente correre soli e senza nessun aiuti. Quando si sale, invece, diventa importante affidarsi a chi della montagna ne ha fatto un mestiere. Ad esempio le guide alpine, che conoscono le difficoltà del terreno, della quota e del tempo. Questo è il messaggio che Pablo, con la sua impresa, vorrebbe far passare. Perché non si creino false illusioni, che possano mettere a rischio anche la vita di persone "che prese dall’entusiasmo vogliono emulare fuori classe che riescono a compiere imprese molto difficili grazie proprio al fatto di non essere normali” (oppure, direi io, essere naturalmente portati per una data attività, allenatissimi, consci dei rischi del mestiere e aver fatto del loro "sport" una vocazione!!!).

Domenica 9 Agosto: Partenza da Courmayeur sul percorso dell’Alta Via n°1 fino a Ollomont Oyace. Lunedi 10: Proseguiamo di corsa lungo l’ Alta Via 1 fino al Rifugio Duca degli Abruzzi, sopra Cervinia, dove incontreremo il nostro amico Lucio Trucco, Guida del Cervino. Notte in rifugio. Martedi 11 e Mercoledi 12: Salita il Cervino dal versante italiano e discesa dalla parte svizzera; Plateau Rosa fino ad un rifugio. Sul Lyskamm fino in vetta al Monte Rosa. Discesa su Gressoney. Giovedi 13: Di nuovo Trail , si prosegue lungo l’Alta Via 1, fino Donnas. 
Venerdi 14: l’Alta Via 2 fino a Cogne 
Sabato 15: Su per la Valnontey di corsa incontriamo la guida di Courmayeur, in stile alpino attraversiamo il Gran Paradiso: sul Ghiacciaio della Tribolazione e poi giù per la via normale, fino a Rhemes Notre Dame. 
Domenica 16: Lungo l’Alta Via 2, raggiungiamo Courmayeur e prendiamo il sentiero verso il Rifugio Torino fino a Punta Helbronner. 
Lunedi 17: Salita al Monte Bianco, con la guida e discesa su Courmayeur da Punta Helbronner 




Il progetto di Pablo, ma soprattutto i concetti che vuole passare (l'importanza della sicurezza in montagna, della non banalizzazione dell'ambiente, del rispetto che merita lo stesso, ecc...), arrivano ora, mentre imperversa la polemica circa il reality girato da ipotetici Vip sul Bianco. Segno del destino? Riflettiamo signori, riflettiamo! Senza perderci in critiche banali del tipo "Simone Moro di qua...le guide che si sono prestate alla cosa di là". Chi lo ha fatto e lo sta facendo poco importa: qualcuno tanto lo avrebbe comunque fatto! La questione, quella vera è: ma dove ci stiamo andando a finire? In un mondo dove tutto è spettacolarizzazione e non c'è più rispetto per nulla, dall'isola alla montagna (poco importa), cosa ne sarà del nostro "una volta splendido" Mondo, fatto di luoghi belli perchè lontani, sperduti, quasi inaccessibili. Fermiamoci a guardare, a guardarci, a riflettere. Fermiamoci anche solo un secondo...