lunedì 28 dicembre 2015

26/12/2015 Passo della Presolana - vetta Presolana Occ. (2.521m) - Rif. Olmo - Rif. Albani - Colere

"E fu così che in una fredda (ma doveeee?) giornata d'inverno, baciati dal sol di dicembre, i tre baldi avventurieri conquistarono la vetta della Regina, mettendosi alla prova su ardui passaggi di secondo grado superiore, e valicato il Passo di Pozzera scesero fino al rifugio Olmo per poi risalire l'intera vallata e svalicare, in prossimità dello Scagnello, in direzione Albani. Temendo il ghiaccio (????) e l'imbrunire (ancora più ????) scesero indi verso l'incuneato paesello di Colere. E fu proprio in quel di Colere che la sfida si fece più avvincente: trovare un passaggio verso il calesse, lasciato a Passo della Presolana. Entrò quindi in gioco quella, che dei tre, potremmo definire l'amabil donzella, che raccattò con un sorriso e qualche moina un passaggio da quattro tipi che, provenienti dal lontano Quartoggiaro, erano venuti in villeggiatura nelle Valli Bergamasche. E fu così che Ser Mauro, sfidando la sorte, si addentrò su per la valle coi quattro sconosciuti mentre la donzella e Ser Lorenzo rimasero a Colere a sorseggiare un altro calice di birra, in attesa del ritorno dell'amico fidato".




Super allenamento con Lorenzo e Mauro che (grazie!!) si sono lasciati trascinare su una delle montagne che ho nel cuore e che mai mi stancherò di guardare. Da ogni lato...perchè la Presolana a me piace proprio da ogni lato! Partiti dal Passo della Presolana, abbiamo toccato la Cappella Savina, la grotta dei Pagani, per poi arrivare fino alla croce di vetta.




Sebbene Mauro ci abbia "dato la paga" in salita, precedendoci alla Cappella Savina ("Mauro, ma era per la bionda alla Cappella che sei salito così veloce?!?"), ci siamo rifatti sulle roccette per arrivare in vetta. (Ahahahahahha!).
Una volta scesi, all'altezza della Grotta dei Pagani, abbiamo deviato per il sentiero che taglia alto il ghiaione e porta a Passo di Pozzera. Da lì, nonostante un tentativo di "restare alti" (finalizzato a non dover risalire la Valzurio), siamo comunque finiti fino al Rifugio Olmo. Da qui abbiamo percorso l'inevitabile sentiero in discesa fino ai cartelli che indicano la continuazione per il Periplo della Presolana. 


E una volta giunti qua c'è poco da fare. Da quota 1.600 bigona salire di nuovo, lungo la Valzurio, fino allo Scagnello.




Da lì, fino al Rif. Albani e poi a Colere, è tutta discesa. Grazie ragazzi per avermi fatta anche correre un po' e grazie Lorenzo per aver "Gipiessato" il percorso! La prossima volta si chiude l'anello proseguendo anche per il Passo della Porta!
Consiglio: per il ritorno da Colere al Passo della Presolana, portatevi sempre dietro almeno una ragazza! Serve per adescare qualche driver e scroccare un passaggio fino al Passo. Senza donna al seguito non è detto che vi vada così bene! (e siate fiduciosi: non fate come Mauro che era già andato al ProLoco ad informarsi per gli orari dei pullman!). Io il passaggio l'ho trovato! Il passaggio più improbabile del mondo.... "Di dove siete? Di qua?"...."No, Milano, Quartoggiaro. Siamo venuti a fare un giro in montagna e volevamo salire con la seggiovia, ma ci hanno detto che il rifugio è chiuso". ...."Ehm, va bene, dai Mauro sali te con loro a recuperare la macchina!!! " :P

Alla prossima!
Tia

domenica 20 dicembre 2015

20/12/2015 T.A. d'inCanto: in 142 per il progetto "Grazie Canto"


Centoquarantadue i runner che oggi, complici le temperature decisamente poco invernali, hanno preso parte al trail autogestisto organizzato dall'associazione Carvico Skyrunning e finalizzato a finanziare il progetto "Grazie Canto". Una corsa in compagnia, per alcuni anche solo una camminata, su per i sentieri del promontorio montuoso che fa da sfondo ai comuni di Carvico, Sotto il Monte e Villa d'Adda e che, da qualche anno, rappresenta la palestra d'allenamento di molti skyrunner bergamaschi. Non solo. La corsa, vissuta con spirito assolutamente non competitivo dai partecipanti, è stata anche l'occasione per scambiarsi gli auguri per le imminenti festività, nonchè contribuire all'importante progetto ideato da Chiappa e compagni per la sistemazione, pulizia e manutenzione dei sentieri del Canto. Poco da dire, quando alla base di tutto ci stanno impegno e passione, il risultato non può che essere un successo.


Il percorso, quasi 17 chilometri per un dislivello positivo di circa 500 metri, ha interessato diversi tratti della "Sky del Canto", gara che ogni anno attira sempre più partecipanti.



Le festività natalizie non fermeranno l'entusiasmo dell'associazione che ha già messo in agenda, per il 24 di gennaio, giusto per smaltire le calorie accumulate con panettoni e bicchieri di spumante, la "Scaldagambe", gara di 16 k e 550 D+ le cui iscrizioni sono già aperte.

Ps: Ora mi ritaglio uno spazio un po' meno giornalistico perchè, diciamocelo, questo è il mio blog e ci scrivo quello che mi pare! Oggi correre insieme a voi, che senza conoscermi mi avete fatta sentire parte di un qualcosa, è stato un grande onore, oltre che un piacere! Davvero non so come ringraziarvi perchè, lo dico e ci credo, a volte lo sport (soprattutto se diverso da quello già praticato e nuovo) è davvero capace di salvarti. Con questo, ovviamente, anche le belle persone. Non ho ancora capito se può fare per me, se lo amerò tanto come l'arrampicata, ma so per certo che ce la metterò tutta perchè io, tra 7 mesi, alla partenza del Gto, ci sarò. Con il sorriso sulle labbra. Sempre e nonostante. Buon Natale a tutti! Tia.

sabato 19 dicembre 2015

Novembre 2015 - Pizzo della Presolana Occ. (2521m) #running

Dislivello: 1200D+
Sviluppo: 12K circa
Percorso: Sentiero + ultima parte su facili roccette (II/II+)


E' successo in una bella giornata di novembre. Un novembre che sembrava un dicembre, quando i dicembri (come quest'anno) sembrano primavere e non inverni. Beh, insomma, un vero casino! Per dire che per essere novembre faceva decisamente caldo!

E' stato uno dei miei primi tentativi di running. Il Valtellina Wine Trail mi aveva esaltata un sacco. Sai, quelle cose che le fai e ti gasi per davvero, anche solo per averle fatte. Insomma... gasata com'ero mi sono chiesta quale montagna avessi davvero nel cuore e la risposta è venuta spontanea: nel cuore ho le mie Orobie. Un posticino poi l'ho ritagliato per la Regina-Presolana. Salita in ogni stagione, col caldo e col freddo, da sola o in compagnia, di giorno e di notte. Sulla Presolana sono stata da innamorata felice, da amica fidata e anche da innamorata delusa. La Regina ha assistito silente ai miei sorrisi, alle mie lacrime, a baci rubati e anche a qualcosa di più. E' stata complice della mia prima via lunga. Mi ha vista salire in una fredda notte di San Valentino, tavola in spalla e tre amici single e decisi a ridere alle spalle degli innamorati sbaciucchiosi (e finiti col Finazzi e me dispersi nelle buche di neve). Poi, sempre in pieno inverno, tra le creste sopra il Visolo... e anche quella volta lì finiti a dover scendere verso la Porta, per poi risalire. E poi mi ha vista partire alle 5 dalla macchina, per andare a vedere l'alba. Insomma, Presolana in ogni salsa. Ma mai di corsa, perchè correre per me non aveva alcun senso, almeno fino a qualche mese fa.

Fatto sta che, complice il mitico Mirko, mi sono regalata un mezzo pomeriggio di fatica. Mirko, che dice e si lamenta sempre di non essere in forma, è una guida alpina, e pertanto il suo "non sono in forma" va sempre preso con le pinze. Ha un cuore grande, Mirko. Questo gli va assolutamente riconosciuto.



Fatto sta che in poco meno di tre ore siamo arrivati in vetta e scesi nuovamente alla macchina. La salita, classico, non sono riuscita a correrla... Mentre in discesa abbiamo corso, entrambi, anche perchè avendo assistito al ramonto in vetta e non avendo le frontali, sapevamo già che avremmo dovuto farci il bosco al buio, illuminandolo con la luce del cellulare (si benedica chi ha inventato gli smartphone!!!!).


Consigliata?!? Certo. La Presolana è sempre la Presolana. Una montagna che anche se non l'hai nel cuore, una volta fatta, ti ci entra a forza. Bellissimo il pezzo di roccette finali che, soprattutto se fatto in inverno e con la neve, ha sempre il suo perchè.

Grazie Mirko!



venerdì 4 dicembre 2015

Ciao biondo!!! Il mio ricordo di Armin Holzer

Gazzetta Gold mi commissiona un articolo. Vuole che io parli di slackline. Succede un po' più di un anno fa. Contatto un po' di ragazzi che conosco e poi... poi penso che sarebbe bello intervistare anche un top highliner di questa disciplina. Un nome, oggi leggenda. Lui è Armin. MI chiedo come contattarlo. Uno così si filerà mai la mia intervista? Manco mi conosce!!! Gli scrivo su Facebook, senza nutrire grandi speranze. Sorpresa: Holzer mi risponde prontamente. E' entusiasta. Mi lascia l'indirizzo mail e mi dice di mandargli le domande, e poi di andarlo a trovare. Io quasi non ci credo. Io scrivo, lui risponde. Poi gli prometto che sicuramente andrò a conoscerlo! Ecco... ora non lo posso più fare. Ma quanto sono stata cretina! Ogni occasione è persa. La vita è breve e va vissuta fino in fondo. Mi sembra bello usare il blog per pubblicare la sua intervista, chiedergli scusa e salutarlo. Ciao Armin, e grazie. 



Highline Meeting Monte Piana. Si svolge invece a Misurina, nel cuore delle Dolomiti di Sesto, il raduno più famoso d’Italia. Lo scorso anno l’evento ha registrato più di 200 partecipanti provenienti da 20 Nazioni. Durante i nove giorni di meeting sono state montate spettacolari highline tra le guglie dolomitiche, sono stati organizzati workshop di acroyoga, voli i n parapendio e concerti, ed è infine stato realizzato, grazie alla collaborazione con un’azienda che produce amache in materiale tecnico, il record del “maggior numero di amache” appese ad una slack. Si è arrivati a 22 amache, per un numero totale di 25 persone in contemporanea su una slack.
Il prossimo raduno, alla sua quarta edizione, è programmato tra il 10 e il 15 settembre.

L’intervista


Abbiamo interpellato Armin  Holzer e Alessandro D’Emilia, menti del meeting altoatesino e maestri di sci, che ci hanno raccontato come nasce questa disciplina, i vantaggi che derivano dalla sua pratica e l’idea di realizzare un meeting di highline. Entrambi praticano l’highline, ovvero la forma più estrema della slackline. 
L’highline prevede anche una buona esperienza per quanto riguarda la valutazione dei punti di ancoraggio, la scelta dei materiali e la fase di tensionamento.
Quando e come nasce questa disciplina?
“Lo slacklining nasce nella Yosemite Valley (California) nei primi anni 80, dove si sviluppa specialmente nell'ambiente dell’ arrampicata. Nel 1985 Scott Balcom fu il primo a camminare su un’highline sul Lost Arrow Spire (Yosemite Valley). Questa forma di “giocare con la slack” é poi stata portata dagli scalatori in Europa. Nonostante sia uno sport estremo questa disciplina é sicura, basti pensare che negli ultimi 30 anni è morta una sola persona, a causa di una serie di errori tecnici nel montaggio della highline. Negli ultimi tempi si pratica anche nei parchi cittadini, ed è considerata al contempo un gioco, uno sport e una forma di allenamento per atleti di varie discipline: camminare lungo una fettuccia di queste minute dimensioni sviluppa le doti più primitive dell' equilibrio, aumentando la percezione e il rapporto tra corpo,mente e natura”.


Come vi siete conosciuti?
Entrambi maestri di sci, ci siamo conosciuti ad una gara di freeride, cinque anni fa. In estate ci siamo rivisti al Rifugio Lavaredo (Armin tornava dal montaggio di una highline nei pressi del Monte Paterno e Alessandro dalla salita allo Spigolo Giallo sulla Cima Piccola di Lavaredo insieme ad un amico). Dopo una tranquilla chiacchierata ci siamo accordati per fare un po’ di slackline insieme. Passo dopo passo abbiamo imparato ad avere sempre più confidenza con la slack. Dalla passione comune per questa disciplina è nata anche la nostra grande amicizia. Da allora, insieme, abbiamo attrezzato e percorso più di 70 highline, compiendo traversate da record mai effettuate prima come sulle Tre Cime di Lavaredo, sulla Marmolada, alle torri del Vajolet e in Cina, dove abbiamo stabilito il nostro record personale di camminata a 5000m di quota.
Come nasce il raduno a Monte Piana, sopra Misurina?
Nasce semplicemente dalla nostra amicizia e dalla voglia di trasmettere anche agli altri la nostra stessa passione: per questo sport, ma soprattutto per la montagna. Il Monte Piana, oltre che ad essere un luogo ideale per fare highline, è anche una specie di museo all’aperto, in quanto è stato uno dei più sanguinosi teatri della prima guerra mondiale. Per noi, consapevoli della valenza storica e culturale del posto, rappresenta un luogo di unione e di confronto.
Importantissimo per la realizzazione del meeting è il supporto dell'associazione sportiva "Le Lepri di Misurina"e del comune di Auronzo di Cadore.
Chi sono “Le lepri di Misurina”?
Le Lepri sono, anzi siamo: Alessandro d’Emilia, Niccolò Zarattini, Aldo Valmassoi, Nicolò Cadorin, me e tanti altri. Siamo un gruppo di ragazzi che condividono la passione per la slackline, lo sci e l’arrampicata. Viviamo queste discipline in maniera non competitiva, in un ambiente mozzafiato come le Dolomiti.


Tralasciando quindi la competizione, cosa è per voi l’highline?
Non sport estremo, non una cosa da fare da soli,  ma una forma creativa di socialità. La slackline non è una semplice fettuccia: a noi piace considerarla un ponte tra culture. Nel meeting infatti centinaia di atleti da tutto il mondo condividono la loro passione, naturalmente, ma anche momenti di vita insieme, esperienze, emozioni.
Per noi fare highline è cercare armonia nel movimento, fra mente, corpo e natura, fra essere e non-essere, è continuare a camminare trasformando la paura di cadere in rispetto e positività. La sensazione che provi quando cammini sull’highline, anche se sei da solo, è quella di condividere l’esperienza con tutti gli amici che ti guardano e ti incoraggiano. E’ un ponte tra culture e mentalità diverse: aiuta a incontrare persone nuove e a costruire amicizie. Spesso è proprio la paura del non-essere, ovvero di cadere, ad impedire di trovare l’armonia giusta per poter camminare in tranquillità. Non è da considerarsi una sfida contro se stessi ma con se stessi, un percorso soggettivo allo scopo di conoscersi nel profondo.


Tatiana Bertera

giovedì 26 novembre 2015

18/11/2015 Carona - Rif. Longo - Il valore del saper guardare

Dislivello: 900D+

Un giro piuttosto corto, probabilmente scontato e da boy-scout o da famiglia col nonno anziano. Una roba da anziani, mi dicevo. Ci sarà tempo per andare al Longo, dicevo. Quando sarò vecchia, per esempio.
Settimana scorsa sono salita al Longo.
Sono vecchia? No, mai stata così viva, così piena di voglia di fare e così aperta alle novità. Qualcosa sta cambiando, dentro di me. Comincio a vedere con occhi diversi qualsiasi cosa: persone, luoghi, situazioni. Un giorno uno dei miei professori (uno di quelli delle scuole superiori che, mentre lui spiega, tu pensi al moroso che non hai!) disse che c'era una bella differenza tra vedere e guardare. "Vedere è superficiale, tutti vediamo. Guardare è altra cosa: richiede concentrazione e forse anche passione, richiede di entrare dentro le cose". Aveva detto proprio così e, alzando gli occhi dal foglio su cui scarabocchiavo cuoricini in un mix di appunti, pensai che effettivamente io, in quel momento, lo stavo solo vedendo. Se avessi avuto di fronte il fantomatico moroso che non avevo....quello sì che l'avrei guardato! Per tornare a noi, era per dire che ora mi pare (e sottolineo mi pare) di iniziare a guardare quello che fino a qualche anno fa semplicemente vedevo. Quello che prima non avrei mai fatto, ora diventa una piacevole scoperta. Sto lentamente imparando a gustarmi quei luoghi che prima snobbavo. Le montagne sopra casa, così vicine, mi fanno sentire come Alice nel Paese delle Meraviglie. Mi sono accorta che ci sono tantissime cime su cui non ho mai messo piede, perchè troppo vicine! Che cretina. Lì a fare centinaia di chilometri (che non smetterò comunque di fare) e poi capire che anche qui c'è parte di quello che voglio. Non dico e non dirò mai frasi del tipo "Tutto quello che desidero è dietro l'angolo", "Non bisogna andare lontano per trovare quello che vuoi". Andare lontano, viaggiare, vedere e conoscere, rimane il mio sogno. Lo farò. Lo farò. Però ho scoperto che basta fare il passo dal vedere al guardare, e guardare le cose con occhi diversi, per fare anche di quanto visto e rivisto, una scoperta.





martedì 24 novembre 2015

22/11/2015 Pico Trail 2015 (Valle Imagna)

Lunghezza: 18k circa
Dislivello: 1400D+ circa


E niente. Per me la stagione inizia...a fine stagione. Quando le gare stanno per finire! Strana io, vero? Strana tanto direi. E se non avessi trovato quel bel gruppo di matti della Carvico Skyrunning probabilmente non avrei mai partecipato. Che poi partecipato è una parola grossa, dal momento che non avendo una visita medica per attività sportiva agonistica ho corso come "fuori gara". Niente pettorale, niente chip per misurare gli intermedi e il passaggio al traguardo, ma questo non mi ha tolto la voglia di godermi fino in fondo quelle 2 ore e 53 minuti di sali-scendi per i boschi che fanno da cornice al comune di Strozza. Il fatto è che dopo il Valtellina Wine Trail mi è venuta un'improvvisa voglia di mettermi alla prova e di vedere fino a che punto le mie gambette (che poi tanto "ette" non sono!!!) potessero arrivare. In settimana, tra un giro al Rifugio Longo e un'altro al Passo del Branchino, mi è balenata per la testa una pazza idea, che però per il momento rimane ancora top secret. Fatto sta che, galvanizzata dalla follia che nella mia testa galoppa veloce, ho contattato Ale Chiappa, presidente della squadra di "runner a fil di cielo" di Carvico.
"Voglio venire a correre con voi una sera in settimana". "Benissimo, noi ci troviamo il giovedì. Se ti va domenica c'è una gara". "Va bene, ci sono, ma non ho il certificato per iscrivermi". "Al massimo non ti iscrivi e la fai lo stesso". "Affare fatto".
E' andata così. Dopo aver dato la mia conferma sono corsa su internet per verificare di che morte dovessi o potessi morire. Trovo quindi questa Pico Trail: 18k circa, 1400D+, ultima tappa del circuito Lombardia Skyrunning by Valetudo.  Scopro che è la finale del challenge, che si compone di 5 appuntamenti per un totale di 116k e 8230D+. Ne deduco che troverò gente che corre, mica scherza. Mi accorgerò durante la gara che, per me che mi sto avvicinando a questo affascinante sport, il livello è alto. Quindi pronti, partenza, via. Alle 7,15 di domenica mattina mi ritrovo al punto di incontro, in mezzo a una marea (anzi una montagna mi pare più a tema!) di gente che non conosco ma che si presenta simpaticamente, senza lasciarsi scappare l'occasione di accogliermi con la zeligghiana battuta "Chi è Tatianaaaa!?!?...".
Si parte. A Strozza il clima è abbastanza polare ma a riscaldare l'atmosfera ci sono le risate dei 250 runner che, oggi, si sentono un po' come se fosse l'ultimo giorno di scuola e vogliono fare festa. I miei nuovi "soci" non mancano di farmi sentire a casa e, proprio per farmi sentire dei loro, mi fanno indossare una maglietta, che mi fa un po' da camicia da notte, ma d'altra parte sono io che sono un bonsai e pertanto non posso certo fargliene una colpa!!!




Foto di gruppo, qualche giro di corsa nel campo sportivo e, dopo il doveroso minuto di silenzio in memoria della strage di Parigi, si parte. Il percorso, lo si capisce da subito, è abbastanza impegnativo: dopo aver corso i primi quattro chilometri circa si arriva alla salita al monte Ubione. In 700 metri di sviluppo si sale di 230m, per arrivare ad una prima cresta con alcuni passaggi su roccette e ad una mini vertical di quasi 200 metri che porta alla croce di vetta. I cartelli mi dicono che non siamo neanche a metà, ma la salita è una cosa che mi viene abbastanza bene e non mi spaventa. Quando si inizia a scendere, su gradini di roccia e su sterrato, mi accorgo di essere, rispetto agli altri che mi passano in volata, una vera lumaca. I miei piedini saltellano da un sasso all'altro e, sebbene a me sembrino veloci, non lo sono per niente. Comincio a desiderare di nuovo la salita, che non tarda ad arrivare. Tra salite e discese, arrivo a 12k, poi a 13 e a questo punto penso che sia finita. invece no! Una mulattiera preannuncia una nuova salita in un bosco che... "ma da dove diavolo spunta questo bosco???". Si sente la voce dello speaker che annuncia i primi arrivi... La voce si allontana sempre di più, o meglio sono io che mi allontano, inerpicandomi per il bosco. Incontro un paio di runner e nel sorpassarli scambio due parole. "Ma ci sarà prima o poi la discesa? Siamo già a 16 chilometri e stiamo salendo nel nulla!". Uno mi guarda sconsolato e, con la goccia di sudore che gli avvelena l'occhio, mi risponde "Guarda, non ne ho idea".
E si va. Le gambe spingono ancora e questa volta niente crampi. Passo un ponticello, salgo e poi scendo di nuovo e finalmente becco il cartello "Ultimo chilometro". Figo, sono arrivata. Le gambe rinascono sotto l'influsso dell'euforia, mi guardo attorno e vedo che non c'è nessuno, lancio un urlo e cerco di spingere il più possibile. E finalmente eccolo lì, il gonfiabile del traguardo, accompagnato da un profumo di casoncelli che, in questo momento, non ha eguali. comincio a sognare di tuffarmi in una vasca di casoncelli e, con questa immagine ancora negli occhi e nella testa, taglio il traguardo!
E' stato bello, bellissimo. Aria fresca, il mio respiro, i miei piedi, e un'altra esperienza da raccontare.
Grazie agli amici della Carvico, che mi hanno permesso di vivere questa bella esperienza e che, matti un po' come lo sono io, continuerò sicuramente a frequentare. La prossima volta però, lo prometto, avrò il certificato medico.


lunedì 16 novembre 2015

16/11/2015 Laghetti dell'Albergian (To) - Il punto di vista di un cane (con Michele Evangelisti - Ultratrailer)

località partenza: Laux (Usseaux , TO )
quota partenza (m): 1350
quota vetta (m): 2710
dislivello complessivo (m): 1360




Ciao. Mi chiamo Nepal. No, Nepal è riduttivo. Io sono NepalOne. Non Nepalone (tipo comparativo di maggioranza di Nepal) come spesso la gente tende a chiamarmi. Il mio padrone, che si chiama Michele, mi ha chiamato Nepal-One (come "uno" in inglese, come Air Force One... probabilmente perchè crede che io sia, come cane, il numero Uno!). Ed effettivamente, lo devo dire, io il numero uno lo sono per davvero! Il mio padrone mi dice sempre che, quando mi ha scelto al canile, ero lì che giocavo e "ridevo" con gli altri cani. E allora io mi chiedo come possa una cane ridere... Beh, io sono talmente speciale, pare, che ridevo. E poi sono super-bravo perchè, nonostante la taglia "importante", so essere sia un cane da casa che da outdoor. Infine, non per vantarmi, ma sono anche una specie di Vip, o meglio Vid (Very importat dog): ho persino un hashtag su Instagram (#nepalOne).


Il mio padrone corre. Non ho ancora ben capito se per lui sia un lavoro oppure un divertimento. Fatto sta che corre un sacco e io, probabilmente perchè gli voglio bene, probabilmente perchè Lui è la mia famiglia ed io sono la sua, mi sono adattato a questo stile di vita. E mi diverto un sacco. Ma questo fine settimana mi ha proprio "battezzato" (dovevo immaginarlo... con uno che di cognome fa Evangelisti, che cosa potevo pretendere?). A dargli man forte è pure arrivata un'altra folle. Un mezzo incrocio tra Heidi e Pippi Calzelunghe che, appena ha sentito che saremmo andati in montagna ha detto "Bello, portiamo anche Nepal!".

E niente. Mi caricano in macchina e, da Torino, arriviamo al borgo di Laux. Dalla piazzetta, proprio accanto ad un curioso murales, prende il via una strada sterrata (S/314) che sale verso il Vallone. Il sentiero risale un bosco di larici che, vista la stagione, sono tinti dei colori dell'autunno. Incontriamo un sacco di curiose sculture e fontane, nelle quali "puccio" sia il muso che le zampe, ci fermiamo a mangiare un boccone e discutiamo (anzi, gli umani discutono) circa la differenza tra bovidi e cervidi. La rossa non sa come sia fatto un muflone e io, sotto i baffi, me la rido. Come si fa a non sapere come è fatto un muflone?!


Tutto procede alla grande fino a che, dopo aver imboccato il sentiero 313, non arriviamo ad una vecchia caserma abbandonata. Bella. Il paesaggio qua si apre. Dopo aver esplorato un po' la vecchia caserma scopriamo, appena sotto di noi, il primo dei due laghi. 


E qua inizia il bello, almeno per me. Nel vederlo ghiacciato i due (il mio padrone e la Pippi) sono presi da un'indescrivibile euforia. E la "peggio cosa" è che contagiano anche me. Per farla breve, ci ritroviamo in tre a pattinare e a farci "selfie" sulla superficie gelata. Io, con le unghiette dritte tipo ramponi, un po' scivolo e un po' pattino.






Non contenti, dopo essersi congelati sul ghiaccio, i due guardano verso l'alto. Sopra di noi, un bel pendio pieno di neve. Sopra ancora, a naso, c'è il secondo lago. Io sono quasi pronto a tornare verso la macchina quando il mio padrone dice "Ma secondo te ce la facciamo ad arrivare anche al lago sopra o ci ammazziamo?". E l'altra (con fare da grande alpinista), "Ma certo che sì!".
E niente. ricominciamo a salire in mezza costa, tra neve e roccette sempre più ripide. Io li seguo, anche se a tratti mi fermo dubbioso. Saliamo e saliamo ancora una buona mezz'ora, fino a che non vediamo il secondo lago. 
Spettacolo.... anche se è meglio tornare subito, prima che arrivi il buio. Il bello però arriva ora. Loro scendono lungo la traccia di salita, con le mani nella neve. Io li guardo. Su un traverso un po' esposto "mi prendo male" e... decido si non scendere più! Hanno così da urlare "Dai Nepal, bravo, bello, vieni qua!"... Bello un cavolo! Adesso, come minimo, tornano su, mi mettono il collare e mi portano giù in sicurezza. Va proprio così e, un passo alla volta, siamo fuori dalla zona neve. Sì, ma insomma, quel traverso... una paura: mica ho i ramponi io!
Però, il mio padrone continua a dirmelo, sono stato bravissimo oggi.
Siamo già a metà pomeriggio e allora decidiamo tornare fino alla macchina correndo. 
Insomma, il pericolo è scampato, ma arrivo alla macchina schiantato e barcollante. Sono stanchissimo. Giuro che se tocco il divano, questa sera, neanche mangio e mi metto subito a ronfare.


Ecco, ultima foto della giornata (non ne posso più di foto), e poi tutti a casa.
Ecco, ma dico io, va bene outdoor ma così mi pare troppo.... però sono stato un eroe. Eh sì, ha proprio ragione il mio padrone a chiamarmi #NepalOne !!! Lo aveva capito lui che già da piccolo, quando ero lì nel canile a "ridere" con gli altri cani, ero il migliore....

sabato 7 novembre 2015

07/11/2015 Tre due uno ...trail! Si parte dalle montagne di casa con il Valtellina Wine Trail

Questa è la storia di un'idea, di un sogno, di una grande manifestazione. E' una storia di passione e di voglia di fare, e di fare bene! E' una storia vera che più vera non si può. Questa è la MIA esperienza al Valtellina Wine Trail.

il mio pettorale... con il mio nome. Insomma, il MIO!
Al traguardo, con la medaglia da Finisher
 Quando si racconta qualcosa è bene partire dall'inizio. Le regole del buon giornalismo impongono che, quando si scrive un articolo, emergano fin da subito il Chi, il Che cosa, il Dove, il Quando, il Perchè e il Come di un evento o situazione. Perchè si tratta di cronaca: pura, sterile, oggettiva. Ma questo è un blog, il mio. Questa è la narrazione di una esperienza vissuta e pertanto carica di emozioni. Per questo, a volte, si può decidere anche di stravolgere un  po' l'ordine e partire dalla fine, dalle parte esperienziale, dalle emozioni.
Passaggio in cantina
La partenza
Il serpentone si snoda tra i vigneti


E allora decidi di partire dai colori: dal rosso, dal giallo, dal verde e dall'azzurro del cielo. Dagli odori: di terra, di sottobosco, di erba e di vino in fermetazione. Dai sapori: acqua e sali, Coca Cola, cioccolato, datteri e biscotti, e ancora pizzoccheri, bresaola, crostata di marmellata e vino. Dai rumori: la voce dello speaker al via e all'arrivo, quella voce amica che, a un chilometro dal traguardo, suona come il richiamo delle sirene per il naufrago Ulisse. Ancora, se di suoni vogliamo parlare, la voce dei compagni di "viaggio", i "Brava", i "Forza" degli sconosciuti che, a lato strada, fanno il tifo per te. Lo scalpiccìo dei piedi sulle foglie, sullo sterrato, e il tonfo secco degli stessi sull'asfalto. Le sensazioni, che la fanno da padrona per quasi tutto il tempo. Nei pochi minuti che precedono lo start, quasi schiacciata in quel marasma di persone che attendono tutte di partire, cerchi lo sguardo amico di qualcuno. La tensione cresce, cresce, cresce, fino a che partono tutti. E sei lì, in quel fiume di gente, che ti porta e ti trasporta. Il fiume diventa poi un serpentone, si allunga e si ricompatta, a seconda dei tratti più o meno impegnativi. All'inizio cerchi forse di "calibrare il passo sulla distanza, elevato alla fatica, sottraendo lo sforzo fisico, aggiungendo il mentale...tutto sotto radice quadrata", poi, non appena le gambe iniziano a fare da sole, non appena i movimenti si automatizzano, capisci che i calcoli euclidei non sono necessari. Tanto non va mai come avevi preventivato: corri, cammini, corri di nuovo. Su certe salite pensi di non farcela, ma poi arriva il piano, e la discesa, e ti accorgi che nelle gambe hai ancora tanta energia. Fino a che, tra vigneti, cantine, chiese e castelli, arrivi a un chilometro dal traguardo e, come per miracolo, le gambe iniziano ad aumentare il ritmo. La falcata si allunga fino ad incontrare quel bellissimo tappeto verde (quello che porta al traguardo), che quasi non ti viene da salirci, su quel "green carpet" da notte degli Oscar, per il timore di non essere all'altezza. Ma è lì, davanti a te e per te. E allora ci sali e ci corri sopra, col sorriso stampato in faccia, con un marasma di gente attorno che ti grida "Brava" e allunga le mani verso di te... e tu, come se fosse la cosa più naturale del mondo, le tocchi quelle mani, batti il cinque. E' il tuo personale attimo di gloria. Non sei arrivata prima, ma neppure ultima. Ma nella tua testa, semplicemente, hai vinto.

Tra i colori dell'autunno valtellinese
Ecco, è stato più o meno questo per me, oggi, il Valtellina Wine Trail. La cattiva giornalista, finalmente, è arrivata al Che cosa, e ora può procedere con ordine. Si è svolta oggi, in una giornata dal clima decisamente primaverile, la terza edizione del Valtellina Wine Trail. 1600 iscritti, 3 gare e tre differenti percorsi, 11 Comuni toccati e oltre 200 volontari, paesaggi da cartolina ed un unico traguardo nel cuore della città di Sondrio. Cinque i capofila di questa splendida manifestazione (Marco de Gasperi, Emanuele Manzi, Fabio Cometti, Michele Rigamonti e Giorgio Bianchi), che mixa la gara con la festa, lo sport con il divertimento. Perchè credo sia proprio questo il giusto spirito con cui affrontare questa competizione. Se non ti vuoi divertire, se non vuoi prima di ogni altra cosa godere del paesaggio, così come delle persone... se non ti piace l'idea di berti un buon bicchiere di rosso, insieme alla bresaola e ai pizzoccheri... beh, allora forse hai sbagliato gara! Perchè chi partecipa al VWT lo fa per il gusto della corsa, certamente, ma anche per tutto quello che ci sta attorno.

Con Marco, al quale devo il mio GRAZIE
Il mio primo trail, al quale ho partecipato seguendo il tracciato della Half Marathon (Da Chiuro fino a Sondrio): 21,7k di su e giù per i vigneti valtellinesi, poco meno di 800m D+, tanto sterrato e un po' di asfalto, affrontato in 2 ore e 43 minuti. Oltre a questo, la gara propone altri due tracciati: la Marathon, per i più esperti, e il Sassella Trail, per i neofiti.