Bolivia, Salar di Ujuni |
Sono in viaggio. E quando sei in viaggio mica ti puoi
fermare. Puoi sostare, decidere di passare un po’ di tempo a fare nulla,
perdere un giorno per poi recuperarlo strada facendo, ma due cose non puoi
assolutamente fare: una è fermarsi, l’altra è tornare indietro.
Da un po’ di tempo non ho più tempo. Ogni momento, ogni
singolo attimo della mia vita sembra scadenziato con meticolosa precisione.
Apro l’agendina, quella con le coccinelle rosse, acquistata apposta perché mi
portasse fortuna, e su ogni pagina c’è qualcosa. Sono cose diverse: un
incontro, un pezzo da scrivere, notizie da cercare, curriculum da mandare,
persone da chiamare. E’ bello vederla, la mia agendina dico. Mi soddisfa
pensare che un anno fa queste pagine erano tutte bianche e che ora non lo siano
più. Ma la cosa più bella è che io ci credo. Forse sono l’unica a crederci,
però ci credo. Da un po’ di tempo penso che se uno ce la mette tutta, ma tutta
tutta, senza sperare in risultati immediati, prima o poi ce la farà. Che le
belle cose arriveranno, bisogna solo volerle. Come dice mia mamma le cose per
ottenerle bisogna volerle, ma volerle molto. E io le voglio, decisamente.
Da un po’ di tempo tutte le mattine mi sveglio con una
stupida emicrania. Apro gli occhi, faccio una smorfia, dico “che male”, poi
sorrido e penso “sarà l’aureola di SantaTà”… Ma poi mi alzo e vado a fare quel
lavoro, l’unico sempre per citare le parole della mamma, che mi dà da mangiare.
Finito quello, nel primo pomeriggio, inizio a rincorrere il lavoro che non mi
sfama il corpo (perché per quello potrei davvero morire di fame) ma l’anima. E
penso che quando arriverà il giorno, (perché arriverà!), in cui oltre all’anima
sfamerà anche il mio corpo, beh quel giorno sarà IL grande giorno.
Poi un giorno ti svegli e scopri di avere un occhio tutto
gonfio. Tanto da non voler uscire di casa. Il giorno prima si era gonfiato il
labbro. La testa continua a fare male… e anche il collo, da domenica ha un po’
di torcicollo. Ci sono tre pezzi da scrivere, un appuntamento nel tardo
pomeriggio, il solito lavoro e ‘sto occhio che ti fa venire voglia di sparire.
E poi c’è chi immancabilmente ti ricorda che dal punto di vista della salute
fai schifo e che da bambina eri sempre ammalata, che pertanto ora non puoi
pretendere così tanto dal tuo fisico, che devi fermarti un attimo e farlo
riposare. E pensi che non è possibile, che è sempre la stessa storia, appena te
ne approfitti un po’, appena cerchi di tenere testa al tuo entusiasmo, il tuo
fisico non ti sta dietro e (da buon rottame quale è) si procura piccoli mali di
ogni tipo.
Va bene. Oggi ha vinto. Ma ha vinto una battaglia. Mica la
guerra. Quella, la guerra, come sempre, la vinco IO.
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